SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Domenica 9 Novembre, le “Magliette rosse”, si sono rincontrate per trascorrere un po’ di tempo insieme. La mattina si sono riunite per la celebrazione Eucaristica, poi a seguire hanno fatto festa insieme con un pranzo sociale nei saloni parrocchiali. Riporto la mia riflessione che è stata letta durante la Santa Messa:
Gli amici dell’Associazione e del Comitato di quartiere, mi hanno chiesto di scrivere due righe di riflessione per questa occasione. Inizialmente ho detto di no, perché non sono capace di scrivere se non quando mi viene in modo spontaneo: è un mio limite.
Poi però la sera stessa ho fatto un sogno e allora ho deciso di raccontarvelo.
Mi trovavo su una strada di montagna strettissima e di lato c’era un burrone. Il mio abbigliamento non era adatto per quella circostanza. Non so perché mi trovassi lì, i sogni funzionano così: ti mettono dentro a una situazione e tocca gestirtela. A volte anche nella realtà ci sembra di capitare in situazioni che non sappiamo nemmeno noi come ci siamo finiti. Un po’ come la storia di queste “Magliette rosse” che se uno si metteva a tavolino a fare un progetto di associazione, sono certo che non sarebbe uscito nemmeno un ragno dal buco. Ed invece, tre anni fa toccava fare la Festa del Patrono, e tra le tante cose da pensare bisognava trovare un abbigliamento o un accessorio che permettesse a tutti di riconoscere lo staff. Uno di noi aveva un vecchio stock di magliette rosse e per risparmiare abbiamo iniziato con quelle. La realtà è fatta così: bisogna imparare a donarle ciò che ci chiede e allo stesso tempo saper usare ciò che ci dà.
Tornando al sogno, mentre cammino, inizia a fare freddo e buio. Arriva la notte. Non si vede più nulla. Accendo la luce del telefonino.
Capirai: era così buio che ad ogni passo rischiavo di cadere di sotto. Decido di non proseguire. Telefono a mia madre, nemmeno a mia moglie, ma a mia madre, per dirle che non torno. Telefono a mia madre forse perché ogni viaggio è un tornare a chi ti ha generato, alle tue origini, alla ragione iniziale che ti ha messo in cammino e quindi era da lei che stavo andando.
Impaurito e disperato mi siedo a terra. Arriva un animale selvatico, molto affettuoso. Lo accarezzo sapendo che non può aiutarmi, al massimo può farmi compagnia per la notte. Ma tanto non finisco neanche di fare questi ragionamenti che già se ne va. Passa un po’ di tempo e all’improvviso sento delle voci e mi appaiono delle persone in cammino. Una grande gioia e una grande pace mi invadono. “State andando là…? E passate per il lago e poi scendete giù fino a valle?”. Mi guardano stralunati: “Certo! Non c’è altra via!” Mi unisco a loro. Si scherza, si ride e il buio non fa più paura, il freddo non è più così pungente, il cammino non è più così faticoso.
Occorre una compagnia! Soltanto una compagnia può salvarci. Non basta l’abbigliamento adatto, non bastano le magliette rosse, non basta l’attrezzatura, non bastano le capacità. Prima di tutto occorre una compagnia, una comunità, occorre qualcuno con cui camminare. Ma verso dove?
Già! Verso dove? Mi accorgo che non basta neanche una compagnia: occorre sapere dove andare, come nel sogno che prima di unirmi a quelle persone nel cammino, chiedo loro dove fossero dirette. Ciò che mi attrae alla compagnia non è la compagnia in sé, ma dove essa è diretta. Occorre avere chiara la meta che non è il numero di vette raggiunte, non è il numero di feste fatte e neanche le ore di volontariato donate, ma è l’origine, l’inizio, la ragione che ci ha spinto a metterci in cammino, magari senza sapere cosa ci aspettasse. Occorre un senso, un senso più alto, vero, ed è per questo che oggi siamo qui a celebrare l’Eucarestia, perché è Lui la ragione iniziale. È Lui a rendere il cammino lieto.
In definitiva occorre una compagnia, una comunità, che si metta in cammino avendo ben chiaro il senso; e il senso non sta nel risultato ottenuto, ma è nella meta, nell’origine, in ciò che ci ha generato. La nostra meta è l’inizio! La meta è il luogo da dove parte il nostro viaggio.
Altrimenti potremmo fare tutte le feste che vogliamo, potremmo gestire tutti i monumenti della città, potremmo fare tutto il volontariato e la beneficenza che ci pare, ma se non ci è chiaro, come era chiaro invece a S. Benedetto Martire, il senso per cui lo facciamo è come non aver camminato, è come non aver fatto nulla.