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Siria “Per i Cristiani la situazione è drammatica”

“La situazione è drammatica ed è in continuo peggioramento. Non solo perché la guerra è ancora in atto, ma perché la situazione economica risulta molto pesante per gli abitanti”. Lo dichiara frate Ibrahim Alsabagh, che il 23 novembre prenderà servizio come parroco della parrocchia San Francesco di Assisi, parrocchia latina nella zona di Azizieh, nel centro di Aleppo.
“Dall’inizio della guerra civile, i benestanti se ne sono andati dal Paese. Chi è rimasto in Siria è il povero che non può permettersi di acquistare un visto o un passaporto falso. Non si sa quante persone siano scappate e la mancanza di informazioni è un problema anche per noi parroci, che non siamo in grado di censire le nostre comunità”, dice il frate, che si chiede: “Su quale uomo, su quale famiglia si fonderà il Paese in futuro? La nostra sfida oggi è dare speranza: quante persone ho conosciuto che sono distrutte, nonostante siano vive. La nostra presenza in Siria è fondamentale: se non ci siamo oggi, non ci saremo nemmeno domani. La nostra missione come religiosi è molto chiara: testimoniare l’incarnazione di Gesù, che ha assunto la nostra carne per innalzarla. Il minimo che possiamo fare è andare incontro ai fratelli ed essere buoni samaritani. Essere un segno della tenerezza di Dio, come dice Papa Francesco, un segno della Provvidenza divina che non abbandona nessuno”.

“Questa situazione ha amareggiato i cuori e creato distanze che prima non esistevano: abbiamo sempre vissuto le diversità nella libertà e nel rispetto totali – spiega frate Ibrahim Alsabagh -. Come Chiesa cerchiamo di stabilire un dialogo e cerchiamo di aiutare tutti, sciiti, sunniti. Quando possiamo, perché le nostre risorse sono davvero limitate. Se una famiglia bussa alla porta perché ha perso la casa, il parroco riesce a trovare una soluzione: se le famiglie sono cento, l’impresa diventa impossibile. Sebbene la Chiesa riceva sostegno, siamo molto deboli e limitati negli aiuti economici, non abbiamo abbastanza da distribuire e ci sentiamo soli”. Secondo il frate, “durante questo periodo di immenso dolore e distruzione, i cristiani dimostrano il loro grande valore. Questo male in qualche modo ha purificato gli animi. I ragazzi studiano sui libri durante le vacanze perché non sanno se torneranno a scuola e aiutano le famiglie. Sotto le bombe, le chiese sono gremite: il senso della comunione e della responsabilità è vivo più che mai. Tanti si sono svegliati dall’indifferenza della prosperità: nelle difficoltà, nella Croce, la nostra razza nostra maturità e saggezza”. In realtà, chiarisce il frate, “noi cristiani vogliamo essere i mediatori, invece siamo considerati filo governativi e paghiamo il prezzo della nostra scelta”.

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