Di Maurizio Calipari
Per varie ragioni il tema dell’omosessualità ha progressivamente preso spazio nell’attualità del contesto storico-culturale attuale. Nella cultura occidentale in particolare, la crescente visibilità di questa realtà umana, tanto nei singoli quanto nei gruppi organizzati, provoca una maggiore attenzione da parte della società civile, sotto vari profili. Cultura, diritto, etica, religione, scienze umane, sono solo alcune delle prospettive interpellate dal travagliato processo d’integrazione nel tessuto sociale che, spesso, la persona omosessuale si trova a dover affrontare, con esiti ancora profondamente differenti nelle diverse aree culturali del pianeta.
“Omosessualità” e “persona omosessuale”. Indipendentemente dalle posizioni personali, qualunque ragionevole considerazione sul tema non può prescindere dal tenere costantemente presente la netta distinzione tra “omosessualità”, intesa come concetto, e “persona omosessuale”. Mentre la prima si presta ad essere oggetto di ogni analisi e critica, in positivo o in negativo, in base al tipo di “lenti ottiche” inforcate per interpretarla, diversamente, la persona omosessuale esige sempre il riconoscimento oggettivo della dignità che le appartiene proprio in quanto persona umana, a prescindere dal proprio orientamento sessuale. Perciò, trattando di questo ambito, le moderne comunità civiche e i loro ordinamenti giuridici dovrebbero impegnarsi a tutelare, coniugandole tra loro, due istanze: l’effettiva libertà di pensiero riguardo l’omosessualità in quanto tale e, insieme, l’effettivo rispetto di ogni persona, omosessuale o meno. Ma su entrambi i fronti, in tanti Paesi, c’è ancora molta strada da fare.
Legislazione avversa. Vorremmo qui limitarci a focalizzare un unico aspetto del problema, in chiave meramente informativa, provando a riassumere, a livello mondiale, la vigente situazione normativa esplicitamente avversa a ogni esercizio dell’omosessualità, inquadrata come reato penale. Attualmente sono circa 80 i Paesi nel mondo dove essere omosessuale è considerato dalla legge un reato. Il fatto che esistano ancora tanti Paesi con questo tipo di norme si spiega anche per il grande consenso politico che ne ricavano i governanti di turno, essendo ancora molto alto in questi Stati il tasso di disapprovazione sociale dell’omosessualità. Va anche rilevato che in molti dei Paesi con questo tipo di legislazione gioca un ruolo fondamentale l’influenza esercitata dalla religione prevalente, con le sue prescrizioni che, talvolta, sono direttamente assunte come leggi dello stato, dando origine a forme di regime “teocratico”. É possibile avere molte e diversificate riserve morali sulla pratica dell’omosessualità, ma non si intravede giustificazione alcuna, in uno stato civile e democratico, al fatto di sancire il reato penale di omosessualità (in specie, dei rapporti omosessuali), con relative e pesantissime sanzioni alle persone coinvolte, quando essa sia vissuta tra persone adulte, libere e consenzienti. Tutte le normative nazionali che citeremo di seguito si applicano a quest’ultima condizione.
Dove permane l’omofobia: Africa. La “maglia nera” per l’omofobia normativa spetta tuttora al continente africano: in ben 37 dei suoi 54 Paesi, infatti, in particolare nella zona sub-sahariana, vigono ancora norme che inquadrano l’esercizio dell’omosessualità come reato penale, e in ben 30 di questi Paesi viene realmente applicato l’apparato sanzionatorio previsto. Le pene sono in genere molto pesanti, dalla detenzione per periodi variabili (da pochi mesi fino all’ergastolo), passando per i lavori forzati e le pene corporali, fino alla pena di morte. Entrando nel dettaglio, la pena capitale è attualmente prevista in Mauritania, Sudan e Nigeria (dove si applica la Sharia); in Uganda invece è previsto il carcere a vita, mentre in Ghana la reclusione fino a 25 anni (vi sono anche notizie di torture fisiche). Egitto, Mozambico e Sao Tomé prevedono l’avviamento ai lavori forzati, mentre pene reclusive fino a 14 anni sono comminate in Gambia, Malawi, Kenia, Botswana, Seychelles, Tanzania, Zimbabwe e Zambia. Infine, pene un po’ più lievi (fino a 5 anni di reclusione) sono previste in Algeria, Camerun, Capo Verde, Eritrea, Etiopia, Gibuti, Guinea, Liberia, Libia, Marocco, Senegal, Somalia, Togo e Tunisia.
Le dure previsioni in Asia e Centroamerica. Lasciando l’Africa, questo triste elenco prosegue con alcuni Paesi dell’area mediorientale, in particolare quelli dove viene applicata la Sharia come legge di stato. I peggiori sono Afghanistan, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Iran, Iraq (nel dopo Saddam Hussein), Turkmenistan e Yemen, che prevedono la pena di morte come massima punizione per l’esercizio dell’omosessualità. La reclusione fino a 10 anni, invece, è prevista in Bahrein, fino a 7 anni in Qatar, mentre pene minori (fino ad un massimo di 3 anni di reclusione) sono comminate in Libano, Siria, Oman, Pakistan, Tagikistan, Uzbekistan. Tra i Paesi dell’area asiatica orientale ed estremo-orientale, la normativa di India, Bhutan e Singapore prevede il carcere a vita, la Malesia la reclusione fino a 20 anni (ma in alcuni luoghi si applica la Sharia con la pena capitale), mentre le leggi di Bangladesh, Brunei, Myanmar, Sri Lanka e Maldive prevedono pene fino a 10 anni di carcere. Spostiamoci adesso nell’area del Centro America. Le sanzioni reclusive più pesanti sono previste alle Barbados e a Turks e Caicos (ergastolo), seguite da Antigua e Barbuda (fino a 15 anni). Pene molto gravose anche a Belize, Grenada, Santa Lucia, Saint Vincent e Grenadines, Trinidad e Tobago (fino a 10 anni), mentre a Dominica l’alternativa alla reclusione (fino a 10 anni) per le persone omosessuali è l’internamento in clinica psichiatrica. Giamaica, Saint Kitts e Nevis, poi, possono comminare una pena fino a 10 anni di lavori forzati. Le pene carcerarie più lievi sono invece previste in Nicaragua (fino a 3 anni), Cuba ( fino ad 1 anno), Costa Rica e le Isole Cayman (1 mese). Infine, a completamento di questa carrellata, citiamo le sanzioni previste dalla normativa di alcuni paesi e isole dell’Oceania, come Papua Nuova Guinea, Isole Solomone, Kiribati e Nauru (reclusione o lavori forzati fino a 14 anni), Marshall e Palau (reclusione fino a 10 anni), Cook, Samoa Ovest e isole Mauritius (reclusione fino a 5 anni), mentre in Polinesia troviamo Tuvalu (fino a 14 anni) e Tonga (fino a 10 anni).
Tanta strada da percorrere. L’intento di questa breve rassegna è solo quello di mostrare, dati alla mano, quanta strada ci separi ancora dal pieno rispetto della dignità umana delle persone con orientamento omosessuale, a prescindere da ogni valutazione etica sull’omosessualità in sé.