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”Il Papa a Strasburgo dà il segnale: l’Europa è un insieme”

Di Maria Chiara Biagioni
Un viaggio velocissimo, di poche ore ma che dà un segnale forte di integrazione europea e di unità. Un messaggio importante per un continente attraversato da popoli e culture diverse ma chiamato ad affrontare i problemi e il futuro insieme. Papa Francesco il 25 novembre si recherà a Strasburgo dove alle 10.35 rivolgerà un discorso al Parlamento europeo e alle 12.05 al Consiglio d’Europa. Alla Comece – la Commissione degli episcopati della Comunità europea – c’è atmosfera di grande attesa. “Siamo molto contenti che il Papa abbia deciso di venire a Strasburgo”, dice subito con aria di soddisfazione il cardinale Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga nonché presidente della Comece.
Come è andata?
“Ne avevo parlato con il Papa in occasione della prima udienza con il Comitato permanente della Comece. Nel corso di quell’incontro gli abbiamo detto che sarebbe stata una buona idea cominciare i suoi viaggi in Europa con una visita alle istituzioni europee. Una proposta che poi gli ho ripetuto durante gli incontri del gruppo degli 8 cardinali. E ogni volta il Papa rispondeva, ‘sarebbe una buona idea’. Sono quindi contento che abbia deciso di venire a Strasburgo perché è un segnale forte che dice che l’Europa è un’identità. Prima di visitare i differenti paesi europei, il Papa dà il segno che l’Europa è un continente, che l’Europa è un insieme. E i politici hanno recepito questo segnale”.
Secondo lei, che cosa dirà il Papa all’Europa?
“Non so se il Papa parlerà della pace, della questione sociale, della giustizia sociale. Spetta a lui decidere cosa vuole dire. Ma ha detto che andrà a parlare al Parlamento dell’Unione Europea e all’Assemblea del Consiglio d’Europa. So che gli abitanti di Strasburgo sono rimasti male ma il Papa andrà in Francia nel 2015. In ogni modo il Papa dà un segnale. Ho parlato con il presidente del Parlamento, Martin Schulz, che ha invitato éapa Francesco. Mi ha telefonato e mi ha detto che è molto contento. Spera che il Papa dica qualcosa sulla responsabilità dell’Europa per le questioni sociali, che dica qualcosa per i poveri. È chiaro, dal Papa ci si attende che parli dei poveri, dei poveri che vivono in Europa e ai confini europei. Ma non voglio dire altro. Si vedrà”.
Quale Europa troverà Papa Francesco e quali sono le preoccupazioni che sono maggiormente a cuore alle istituzioni europee?
“Occorre tenere presente che il Papa parlerà a due organismi europei e che il Consiglio d’Europa comprende anche la Russia e l’Ucraina. Quando parliamo dell’Europa, pensiamo sempre all’Unione Europea, ma l’Europa è più grande. Occorre allora parlare della pace e della riconciliazione. In questo anno in cui si fa memoria della prima Guerra mondiale, è importante dire che in questo continente è attualmente in corso una guerra. È terribile. È scioccante per me. L’altra questione è come trovare in Europa un cammino per il futuro di una comunità che è estremamente complessa a causa delle lingue e delle culture differenti, e alle prese con la questione economica e la crisi finanziaria. Credo però che insieme sia più facile risolvere i problemi. Occorre allora ritrovare il senso della responsabilità, della visione comune, del progetto europeo. Occorre superare una Unione fondata solo sulla concorrenza degli interessi nazionali. Se ciascuno trova la strada solo per se stesso, per i suoi interessi, non si va molto lontano e si perde di vista un progetto per l’avvenire. Noi siamo gli amici dell’Europa, ma non senza critica”.
Quale contributo possono portare le Chiese in Europa?
“Il grande contributo che le Chiese possono dare all’Europa è il Vangelo. E portare il Vangelo non significa trovare i modi per riempire le chiese in Europa. L’evangelizzazione è qualcosa di più. È dare la possibilità a tutto il mondo della cultura, dell’economia, della politica di venire in contatto con il Vangelo. È questo il senso della Evangelii Gaudium di Papa Francesco. Non si tratta quindi di chiedersi come sarà il futuro della Chiesa. La Chiesa è piuttosto chiamata ad uscire fuori da se stessa per contribuire con il Vangelo a costruire il futuro delle società in cui vive, attraverso la riconciliazione, l’attenzione ai poveri, la pace, la giustizia, il senso della storia. La Chiesa ha il compito di fare memoria dei morti e delle vittime della storia, della sofferenza dell’altro. È questo il nostro compito. Questo è il cammino per la riconciliazione. Spero che un giorno si possano vedere in tutta Europa gli incontri di pacificazione che ci sono stati tra i francesi e i tedeschi e tra i tedeschi con i polacchi. Ma ciò ancora non è avvenuto con i serbi e i croati, tra i russi e gli ucraini. Il cammino per la riconciliazione non è ancora finito. È questo il compito delle Chiese e delle religioni: aiutare a riconciliare i popoli. È un compito da fare”.
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