“I Papi non concedono, come è noto, interviste, non ne concedono da duemila anni; ma un colloquio com’è stato questo so di poterlo riferire. Il Papa s’è mosso verso la porta della biblioteca semiaperta, con modi semplici, da uomo moderno capace di chiari rapporti umani… ha poi steso la mano senza imporre né sollecitare il bacio dell’anello. Infine ha cominciato a scegliere con lo sguardo tra le poltrone che fanno circolo alla sua scrivania, finché gli è sembrato di trovare la più comoda e la più vicina per l’interlocutore ‘Venga, venga – ha detto il Papa – si metta a sedere lì, parleremo meglio’”. È il 24 settembre 1965 quando Alberto Cavallari incontra Paolo VI e qualche giorno più tardi, sulle pagine del “Corriere della Sera”, sarà pubblicata la prima intervista ad un Pontefice. A distanza di quasi 50 anni, le interviste al Papa sono tornate di attualità e la casa editrice della Santa Sede ha raccolto quelle a Francesco nel libro “Interviste e conversazioni con i giornalisti”. Ne parliamo con don Giuseppe Costa, direttore della Lev.
Perché l’idea di mettere insieme tutte le interviste di Francesco?
“Le interviste del Santo Padre erano sparse tra diversi media – radio, televisione, carta stampata, internet – ed erano state raccolte in tanti Paesi: Italia, Spagna, Brasile, Terra Santa, Corea. Sarebbe stato difficile, per chi avesse voluto conoscere il pensiero del Papa, trovarle tutte assieme. Per questa ragione abbiamo scelto di raccoglierle, corredando le parole con le immagini del contesto nel quale sono state dette e intrecciandole con dei fili che le cucissero tra loro: luoghi, nomi, temi. Così assortite, le interviste del Pontefice possono essere uno strumento di lavoro e conoscenza di un segmento che diversamente, nel suo insieme, sarebbe stato difficile investigare”.
Perché un Papa sceglie di comunicare tramite interviste?
“Non è il Papa che cerca l’intervista ma sono i giornalisti che si sforzano di catturare le parole del Papa. All’inizio del pontificato, quando i giornalisti chiedevano se era disponibile a rispondere alle domande, Francesco spiegava di non sentirsi tanto a suo agio con le interviste. E credo che le cose non siano cambiate. Quello che è mutato è l’insistenza con cui si è cercato di raggiungere mediaticamente il Santo Padre”.
C’è il rischio che il linguaggio giornalistico non sia quello più appropriato per trasmettere il messaggio del Papa?
“No. Credo che l’intervista sia un ottimo strumento. Il problema, semmai, si pone quanto l’intervista non è fedele a se stessa e, dal riportare correttamente le parole dell’intervistato, si trasforma in una loro interpretazione. Quando si sostituiscono le parole del Santo Padre con il proprio commento, allora non è più uno strumento adeguato. Bisogna sempre capire la differenza tra fatti e opinioni, tra le parole del Papa e quelle del giornalista”.
Oltre ai documenti ufficiali, Francesco utilizza le interviste per parlare al popolo…
“L’intervista riesce a divulgare il linguaggio, anche quello più erudito, rendendolo digeribile ai lettori. È più facile per la comprensione perché, quando si misurano bene le domande, è possibile condurre un discorso che avanza per gradi”.
Tra le interviste del Papa, i colloqui con Eugenio Scalfari hanno destato polemica. La loro pubblicazione è stata considerata, da alcuni, una scelta controversa…
“Abbiamo scelto di riportare questi colloqui perché, dal punto di vista della cronaca, non era possibile ignorarli senza creare ulteriori interrogativi. Certamente ogni giornalista si assume la responsabilità di quello che scrive. Ma dopo aver specificato nell’introduzione i limiti del genere, abbiamo ritenuto opportuno presentare tutte le interviste e i colloqui. Naturalmente questo non significa condividere le posizioni espresse dagli intervistatori. I libri sono strumenti di conoscenza. E il messaggio contenuto nelle interviste di Francesco, nella loro totalità, è molto bello”.
Come si può leggere la scelta del Papa di rilasciare interviste a media laici?
“Non credo ci sia una preferenza. Si tratta, piuttosto, di una scelta dettata dall’occasione. C’è chi osa di più e chi di meno. I media più vicini al Santo Padre, consapevoli del peso del suo ministero, cercano di non disturbare più di tanto…”.