Ha suscitato qualche (divertita) reazione e attenzione mediatica la processione svoltasi ieri a Brescello, comune collocato sulla sponda emiliana del Po. L’acqua del grande fiume minacciava, per le piogge intense dei giorni precedenti, una gigantesca alluvione, come se n’è concesse più volte in passato. Dunque don Evandro Gherardi, sostenuto dalla comunità parrocchiale, ha organizzato un corteo religioso, partito dalla chiesa di Santa Maria Nascente e diretto all’argine del fiume, portando in testa alla processione il grande crocifisso conservato nella prima cappella a sinistra del tempio, e venerato da mezzo secolo dalla gente di Brescello. Giunti al fiume, i presenti, fra i quali il sindaco, hanno pregato per tutte le vittime delle alluvioni di questi giorni e hanno invocato protezione per le loro case, i loro campi, per il bestiame e per le stalle. Il parroco ha opportunamente osservato: “Questi disastri naturali sono colpa anche dell’uomo che sfrutta eccessivamente e in maniera sbagliata il territorio”. Parole sante.
La particolarità, che ha attratto giornalisti, fotografi, cineoperatori e curiosi, sta nel fatto che tale crocifisso è quello stesso utilizzato nei film di don Camillo (Fernandel) e Peppone (Gino Cervi), girati dal 1952 in avanti proprio a Brescello, sulla traccia dei libri di Giovanni Guareschi e della saga di “mondo piccolo”. Nella versione guareschiana, l’“arciprete di Ponteratto” chiede consiglio, discute animatamente, si confessa ad alta voce rivolgendosi al crocifisso, che gli risponde a tono. Un crocifisso di quasi due metri d’altezza che fu appositamente realizzato per le riprese cinematografiche dallo scultore Bruno Avesani e dal falegname Emilio Bianchini. Non si tratta dunque di un antichissimo e taumaturgico segno religioso; eppure, donato alla parrocchia al termine delle riprese dei film, dalla metà degli anni ’60 il “Cristo parlante” attira, oltre alle decine di migliaia di turisti che ogni anno si recano nei luoghi di don Camillo e Peppone, anche semplici fedeli, che “oltre” la statua cercano e intravvedono il Dio fattosi uomo, morto e risorto per il bene dell’umanità
Don Evandro, dunque, si è semplicemente comportato come un qualunque parroco di una terra ancora in parte contadina minacciata dalle acque. Perché “chi vive di terra guarda il Cielo”, ne scruta sole e nuvole; e benedice il bel tempo o le piogge, quando necessarie, e magari bestemmia i rovesci eccessivi, la grandine che distrugge, la neve fuori stagione, la siccità primaverile o estiva…
Il prete col crocifisso in braccio, i chierichetti, i paesani in preghiera sulla sponda del Po non rappresentano, oggi, l’emblema di un “mondo piccolo” che vuol sopravvivere nonostante la cyber-era globale; piuttosto sono un popolo che vive, lavora, spera e crede restando tenacemente e naturalmente aggrappato al “suo” fiume. Un popolo che neppure dimentica Guareschi, i film di don Camillo e Peppone (le cui statue troneggiano nella piazza centrale di Brescello) e il “Cristo parlante”. Anche se – apparentemente – non parla più.