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Papa Francesco alla Fao “mentre si parla di nuovi diritti l’affamato è lì, all’angolo della strada”

Di M. M. Nicolais

“Dar da mangiare agli affamati per salvare la vita del pianeta”. Si è concluso con questa frase, consegnata come impegno a tutti gli Stati del mondo, l’intervento di Papa Francesco alla Fao, in occasione della seconda Conferenza internazionale sulla nutrizione. Chi ha fame “chiede dignità, non elemosina”, ha affermato il Papa nel suo discorso lungamente applaudito, che è durato circa un quarto d’ora ed è stato pronunciato in spagnolo. “Oggi si parla molto di diritti, dimenticando spesso i doveri; forse ci siamo preoccupati troppo poco di quanti soffrono la fame”, ha esordito Francesco: “Mentre si parla di nuovi diritti l’affamato è lì, all’angolo della strada”. “Custodire il pianeta”, l’appello lanciato a braccio dal Papa per la nostra “sorella, madre Terra”, perché “Dio perdona sempre, gli uomini perdonano a volte, la Terra non perdona mai”: dobbiamo essere “liberi da pressioni politiche ed economiche”, se non vogliamo che il Pianeta “si autodistrugga” o che si muovano guerre per l’acqua, che “non è gratis”. Ventidue anni dopo Giovanni Paolo II, che nella stessa sede aveva evocato questo rischio, Francesco ha definito il “paradosso dell’abbondanza” ancora attuale e ha messo in guardia dalla tentazione di eliminare la parola “solidarietà” dal nostro vocabolario. “La prima preoccupazione deve essere la persona”, ha ricordato Francesco nominando “quanti mancano del cibo quotidiano, hanno smesso di pensare alla vita e lottano solo per la sopravvivenza”. “Amore, giustizia, pace” sono “elementi inseparabili tra loro”: per imparare a declinarli, una “fonte inesauribile d’ispirazione” è la “legge naturale”. L’obiettivo: “realizzare lo sviluppo di un sistema internazionale equo”, su cui ogni donna, uomo, bambino, anziano nel mondo deve poter contare come garanzia. Ciò richiede – ha detto il Papa salutando i dipendenti della Fao – la capacità di saper “andare oltre le carte, per scorgere al di là di ogni pratica i volti spenti e le situazioni drammatiche di persone provate dalla fame e dalla sete”.

Custodire la terra. “Custodire la sorella terra, la madre terra, affinché non risponda con la distruzione. Custodire il pianeta”. È l’invito rivolto, a braccio, dal Papa, nella parte finale del discorso , in cui è risuonato a più riprese il verbo spagnolo “cuidar”, che implica il concetto di cura come rispetto e protezione, saggio governo del nostro pianeta. “Se si crede al principio dell’unità della famiglia umana, fondato sulla paternità di Dio creatore, e alla fratellanza degli esseri umani, nessuna forma di pressione politica o economica che si serva della disponibilità di cibo può essere accettabile”, ha ammonito Francesco. “E qui penso alla nostra sorella e madre terra, al Pianeta”, ha proseguito a braccio, esortando a chiederci “se siamo liberi da pressioni politiche ed economiche per custodirlo, per evitare che si autodistrugga”. “Custodire il pianeta”, l’appello del Papa, che per illustrare il concetto ha citato la frase di un anziano, che diceva: “Dio perdona sempre, gli uomini perdonano a volte, la Terra non perdona mai”. “Ma, soprattutto, nessun sistema di discriminazione, di fatto o di diritto, vincolato alla capacità di accesso al mercato degli alimenti, deve essere preso come modello delle azioni internazionali che si propongono di eliminare la fame”.

Il “quadro del mondo”. “I destini di ogni nazione sono più che mai collegati tra loro, come i membri di una stessa famiglia, che dipendono gli uni dagli altri”, ha affermato il Papa: “Ma viviamo in un’epoca in cui i rapporti tra le nazioni sono troppo spesso rovinati dal sospetto reciproco, che a volte si tramuta in forme di aggressione bellica ed economica, mina l’amicizia tra fratelli e rifiuta o scarta chi già è escluso. Lo sa bene chi manca del pane quotidiano e di un lavoro dignitoso”. Per il Papa, “questo è il quadro del mondo, in cui si devono riconoscere i limiti di impostazioni basate sulla sovranità di ognuno degli Stati, intesa come assoluta, e sugli interessi nazionali, condizionati spesso da ridotti gruppi di potere”. L’auspicio è invece che “gli Stati s’ispirino alla convinzione che il diritto all’alimentazione sarà garantito solo se ci preoccupiamo del suo soggetto reale, vale a dire la persona che patisce gli effetti della fame e della denutrizione”.

Il “paradosso dell’abbondanza”.
“C’è cibo per tutti, ma non tutti possono mangiare, mentre lo spreco, lo scarto, il consumo eccessivo e l’uso di alimenti per altri fini sono davanti ai nostri occhi”. È il “paradosso dell’abbondanza”, dal cui rischio già Giovanni Paolo II, nel 1992, aveva messo in guardia. Papa Francesco lo ha citato nella parte centrale del suo discorso, denunciando come “purtroppo questo paradosso continua a essere attuale”. “Ci sono pochi temi sui quali si sfoderano tanti sofismi come su quello della fame – ha ammonito – e pochi argomenti tanto suscettibili di essere manipolati dai dati, dalle statistiche, dalle esigenze di sicurezza nazionale, dalla corruzione o da un richiamo doloroso alla crisi economica”. “Questa è la prima sfida che bisogna superare”, ha affermato Francesco, secondo il quale “l’interesse per la produzione, la disponibilità di cibo e l’accesso a esso, il cambiamento climatico, il commercio agricolo devono indubbiamente ispirare le regole e le misure tecniche, ma la prima preoccupazione deve essere la persona stessa, quanti mancano del cibo quotidiano e hanno smesso di pensare alla vita, ai rapporti familiari e sociali, e lottano solo per la sopravvivenza”.

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