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Visita del Papa “Riconciliazione possibile alla Turchia di oggi”

Di Maria Chiara Biagioni
Terzo viaggio di Papa Francesco in un Paese a maggioranza musulmana. Dopo la Giordania e l’Albania, sarà la Turchia ad aprire le braccia al “papa di Roma”. Un Paese crocevia tra Oriente e Occidente e forse proprio per questo un mondo complesso, variegato, spesso contraddittorio dove è difficile districarsi e dove la parola detta può assumere significati e sfumature sempre diverse. Ma anche qui, ai confini con l’immenso Oriente, è arrivato forte il vento di Francesco. “Il popolo turco ha seguito Papa Francesco fin dall’inizio della sua elezione ed ha apprezzato i suoi gesti, soprattutto quelli compiuti per il dialogo islamo-cristiano”, dice Mustafa Cenap Aydin, intellettuale musulmano turco, direttore del Centro per il Dialogo “Istituto Tevere”. “Il Papa – aggiunge – è una figura affascinante per i turchi e per i musulmani, anche perché la storia dei nostri due mondi è estremamente connessa. Quando è stato canonizzato Giovanni XXIII, tanti giornali turchi hanno riportato questo evento dicendo che il papa turco era diventato santo”.
Sintomo chiaro della complessità del mondo turco, è lo scalpore che ha suscitato, almeno sui media locali, la notizia che ad Ankara il papa sarà ricevuto dal presidente della Repubblica nel suo nuovo palazzo presidenziale. “Un edificio immenso – racconta il professore Cenap – che quando sarà terminato conterà più o meno 2 mila stanze. L’associazione degli architetti ha scritto una lettera al papa per avvertirlo che questo palazzo è illegale e che si tratta di un ambiente in contrasto con quanto rappresenta oggi papa Francesco per il suo nome, per la sua scelta di vivere in una casa per ospiti in Vaticano, per la sua testimonianza di umiltà e di vicinanza ai poveri”. Altro appuntamento delicato sempre ad Ankara sarà quello con la Direzione degli affari religiosi (la Diyanet). “Non è una autorità religiosa morale autonoma – spiega il professore -. Possiamo paragonarlo al prefetto per gli affari del culto del Viminale. È una istituzione fondata dalla Repubblica per controllare la maggioranza musulmana in Turchia. Tutte le moschee dipendono dalla Diyanet. Tutti gli imam ricevono gli stipendi da questo organismo”. Diyanet, tra l’altro, ha detto cose molto dure nei confronti del dialogo interreligioso. E uomo ambiguo si è rivelato in questo senso anche il presidente Recep Tayyip Erdogan. Nella sua lettera di invito a Papa Francesco scrive: “Il dialogo e la comprensione reciproca tra membri di diverse religioni sono necessari ora più che mai”. Parole che hanno suscitato una certa “sorpresa” nei giornali locali, tacciate da alcuni addirittura per “ipocrite”. “Mi auguro – dice allora Cenap – che l’incontro con papa Francesco possa suscitare una apertura autentica al dialogo”.
Grande attesa suscita anche la visita di Papa Francesco alla moschea blu. “È una moschea molto famosa in Turchia – fa sapere Cenap – perché è l’unica moschea con sei minareti. Si trova nel cuore della città e il suo valore può essere paragonato a quanto rappresentano a Roma le basiliche di San Pietro e di San Giovanni”. È una visita che si inserisce nel quadro di una lunga storia che ebbe inizio con Giovanni Paolo II quando nel 2001 entrò nella moschea degli Ommayadi di Damasco. “Certamente – commenta il professore – queste visite alle moschee sono un gesto forte e la presenza di papa Francesco sarà percepita nello stesso modo positivo come fu, nel 2006, il gesto di papa Benedetto, che entrò nella moschea blu di Istanbul scalzo e si fermò in preghiera. Ancora oggi questo gesto è oggetto di discussione ma a prescindere dalle risposte o dalle interpretazioni che si vogliono dare, questo gesto rivela l’atteggiamento di un uomo di Dio”. “La visita di Papa Francesco alla moschea blu – dice Cenap – si inserisce poi in un quadro ancora più grande che parte dal paragrafo della Evangelii Gaudium dedicato all’Islam e dovrebbe essere interpretato alla luce della storia di papa Bergoglio. Quando era arcivescovo di Buenos Aires il papa ha stretto amicizia con i musulmani, ed ha portato con sé nel suo viaggio a Gerusalemme uno dei rappresentanti della comunità islamica argentina dando con il Rabbino Skorka una testimonianza al mondo che l’amicizia tra le religioni e la pace sono possibili”.
L’eredità che Papa Francesco lascerà in Turchia chiama in causa direttamente il rispetto per le minoranze religiose, “per tutti coloro che si sentono oppressi e perseguitati”. Il professore cita a proposito i problemi ancora irrisolti con gli armeni; il seminario di Halki del Patriarcato ecumenico chiuso da 40 anni e gli aleviti la cui richiesta principale consiste nel riconoscimento del governo delle cemevi, i loro luoghi di culto. “Tanti si chiedono che cosa dirà il papa per la libertà religiosa – dice Cenap – ma credo che basterà la sua testimonianza. La sua presenza e l’incontro con tutto il popolo turco, con i musulmani, i cristiani, il Patriarca Bartolomeo, sono una testimonianza forte di una riconciliazione possibile alla Turchia di oggi”.
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