“Niente depressione” di fronte alle difficoltà, bensì “il capo sempre alto”. È il monito lanciato da Papa Francesco nell’omelia della Messa di ieri a Casa Santa Marta.
Prendendo spunto da Babilonia e Gerusalemme, le due città di cui parlano la prima lettura – tratta dall’Apocalisse – e il Vangelo odierno, il Papa è tornato su “corruzione” e “distrazione” che allontanano dall’incontro con il Signore. Il crollo di queste due città, ha precisato, “avviene per motivi differenti”. Babilonia è il “simbolo del male, del peccato” e “cade per corruzione”, si “sentiva padrona del mondo e di se stessa”. E quando “si accumula il peccato – ha ammonito – si perde la capacità di reagire e s’incomincia a marcire”.
È quanto accade anche con le “persone corrotte, che non hanno forza per reagire”, “perché la corruzione ti dà qualche felicità, ti dà potere e anche ti fa sentire soddisfatto di te stesso: non lascia spazio per il Signore, per la conversione”. Ce n’è per la “corruzione economica”, ma anche per quella che si realizza “con tanti peccati diversi” e “la più brutta corruzione – ha richiamato Bergoglio – è lo spirito di mondanità”. Babilonia, ha riflettuto Papa Francesco, rappresenta “ogni società, ogni cultura, ogni persona allontanata da Dio, anche allontanata dall’amore al prossimo, che finisce per marcire”.
La “distrazione” è invece il motivo della condanna di Gerusalemme, che cade perché non riceve “il Signore che viene a salvarla”.
Quella città, ha proseguito il Papa, “non si sentiva bisognosa di salvezza. Aveva gli scritti dei profeti, di Mosè e questo le era sufficiente. Ma scritti chiusi! Non lasciava posto per essere salvata: aveva la porta chiuse per il Signore”.
Esempi – quelli di Babilonia e Gerusalemme – che “ci possono fare pensare alla nostra vita”, e da qui l’interrogarsi se siamo simili alla “corrotta e sufficiente Babilonia” o alla “distratta” Gerusalemme. Tuttavia, ha sottolineato, “il messaggio della Chiesa in questi giorni non finisce con la distruzione”, bensì “c’è una promessa di speranza”. “Quando pensiamo alla fine, con tutti i nostri peccati, con tutta la nostra storia, pensiamo al banchetto – ha aggiunto – che gratuitamente ci sarà dato e alziamo il capo. Niente depressione: speranza! Ma la realtà è brutta: ci sono tanti, tanti popoli, città e gente, tanta gente, che soffre; tante guerre, tanto odio, tanta invidia, tanta mondanità spirituale e tanta corruzione. Sì, è vero! Tutto questo cadrà! Ma chiediamo al Signore la grazia di essere preparati per il banchetto che ci aspetta, col capo sempre alto”.
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