“Cari mamma e papà, lasciatemi il tempo di giocare!”. È questo il primo messaggio che emerge da un’indagine promossa dall’Acr (Azione cattolica dei ragazzi) in collaborazione con Francesco Tonucci dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Cnr. Ai compiti scolastici pomeridiani si aggiungono, infatti, tra i mille impegni che gravano sui bambini e i preadolescenti, la palestra, la piscina, l’allenamento di calcio o basket, l’equitazione; senza contare – e per fortuna che ci sono – l’incontro di catechismo e qualche pomeriggio speso per far compagnia ai nonni. Insomma, un calendario fittissimo sulle spalle dei 6-14enni: le ricostituenti “tagliatelle di nonna Pina”, della famosa canzone dello Zecchino d’oro, non basterebbero a ridare energie e creatività ai baby italiani.
Il tempo della creatività. “I dati raccolti e analizzati” grazie alla ricerca intitolata “Dove andiamo a giocare?” (che sarà presentata domenica 30 novembre a Roma) “ci permettono di affermare la necessità e l’urgenza che i piccoli hanno di veder loro riconosciuto il diritto al gioco e soprattutto l’importanza che assume nella loro vita il gioco spontaneo, quello non organizzato dagli adulti e soprattutto non gestito dai grandi”. Anna Teresa Borrelli, avvocato del Foro di Bari, esperta in Diritto canonico, componente della Consulta nazionale dell’Ufficio catechistico Cei, è la responsabile nazionale dell’Acr. “I piccoli ci chiedono che li ‘lasciamo fare’, che li lasciamo giocare un po’ da soli, o con gli amici, perché possano sperimentare – spiega Borrelli al Sir – l’autonomia, come capacità di governarsi con proprie regole (essere in tanti perché è più bello, non litigare, rispettarsi, andare d’accordo, essere leali, non farsi male giocando, essere sempre felici, divertirsi tutti, stare in compagnia), e possano vivere quel tempo come tempo della creatività, dell’originalità”.
Minori “soggetti” di diritto. L’Acr ha promosso un seminario e l’indagine sul gioco dei ragazzi anche per celebrare la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, che gira la boa dei 25 anni fa. “Un anniversario particolarmente importante che l’Azione cattolica dei ragazzi – spiega Anna Teresa Borrelli – ha scelto di valorizzare con due eventi, ma una sola intenzionalità, un solo desiderio: mettere al centro i piccoli, non considerare più i minori oggetto di diritti, ma soggetti di diritto; partire dai loro sogni e progetti, dal bene che ciascuno dei fanciulli si porta nel cuore e accompagnarli con gioia nel cammino della vita”. L’Acr invia così un messaggio al Paese e alla Chiesa: “Tutti siamo oggi chiamati a riscoprire e credere nella capacità dei piccoli di essere testimoni, annunciatori e costruttori di una società migliore”. Il seminario si svolgerà in due giornate cui sono iscritti quasi 400 educatori provenienti da tutta Italia. Sabato 29 novembre (ore 15), a Roma presso il Centro congressi Palazzo Rospigliosi, il confronto sul 25° della Convenzione sui diritti del fanciullo con relazioni di Vincenzo Spadafora, Garante dell’infanzia e dell’adolescenza, Michele Riondino, docente di Diritto di famiglia e dei minori alla Pontificia Università Lateranense, Matteo Truffelli, presidente nazionale Ac. Domenica 30 novembre mattina sarà presentata e discussa la ricerca cui hanno partecipato circa 20mila bambini e ragazzi tra i 6 e i 14 anni. Sempre per celebrare questi due compleanni l’editrice Ave pubblica il volume “Prima i piccoli – La Convenzione dei diritti del fanciullo e il protagonismo dei ragazzi”, curato dalla stessa Borrelli e Martino Nardelli.
Gli esiti della ricerca. “Siamo stati sommersi dalle risposte” all’indagine, aggiunge la responsabile del ramo-ragazzi dell’Azione cattolica. “Non ci aspettavamo di certo una marea di 20mila questionari ritornati nel giro di poche settimane, nella primavera scorsa”. È quindi seguito il lavoro di verifica dei risultati e l’elaborazione della metà delle schede; “registrare tutti i dati sarebbe stato materialmente impossibile”. “Comunque l’iniziativa ci ha dato modo di conoscere il punto dei vista dei piccoli su un tema che li riguarda direttamente e che riguarda a pieno anche noi adulti”. Il campione è composto per il 42% di ragazzi in compresa tra i 6 e gli 8 anni, il 45% ha tra i 9 e gli 11 anni e il 13% tra i 12 e i 14 anni. La distribuzione geografica – nord, centro, sud – è in linea con la popolazione nazionale. Tra le curiosità, il 52% di tutto il campione analizzato afferma di possedere un cellulare: il 30% dei 6-8 anni ha un cellulare, il 60% dei 9-11 e oltre il 90% dei 12-14. I ragazzi hanno risposto alla domanda “quanti pomeriggi sei impegnato a settimana (sport, musica, catechismo…)?”: il 26% afferma di essere impegnato tra 1 e 2 pomeriggi a settimana, il restante 74% afferma di avere impegnati fra i 3 e i 6 pomeriggi a settimana (6 pomeriggi il 9%). La maggior parte del campione (il 78%) dice di avere un cortile o un giardino vicino alla propria abitazione in cui poter giocare. “I bambini e i ragazzi – spiega l’Acr – che hanno partecipato all’indagine affermano di essere sufficientemente soddisfatti dei parchi gioco a loro disposizione e affermano di ‘divertirsi molto’ (oltre il 70% del campione) quando hanno occasione di giocare all’aria aperta”, stagione permettendo. Simpaticissimi, e più che noti, i giochi preferiti (e qui si può restare positivamente sorpresi): calcio, mosca cieca, nascondino, giostre da parco, “acchiapparello”. Interessanti, inoltre, i motivi che i bambini e i ragazzi indicano come “ostacoli” al gioco: compiti e scuola sono segnalati dal 50% del campione, sport e attività varie extrascolastiche da oltre il 30%, difficoltà dei genitori ad accompagnarli circa il 10%. Un messaggio piuttosto eloquente rivolto al mondo adulto.