Di Don Marco Pozza
Buon anno, amici! Cominciamo bene: la memoria di Dio fa acqua da tutte le parti. Somiglia a quella della mamme: ne hanno sempre poca, dimenticano facilmente gli errori e i falli dei loro figli, si rimettono gobbe e sfiancate a battere le strade nelle quali i loro amori sono andati a conficcarsi, si denudano di tutto per coprirsi solo di premura. Si fidano troppo: sempre, nonostante tutto, sfacciatamente ingenue di fronte alla malizia. Madri: cioè grembi, imbarazzi, nascite. Dio s’arrischia, come le madri di quaggiù: «Come un uomo, che è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare» (liturgia della I^ domenica d’Avvento). Parte e si fida: la paura di Lui nascerà dopo, a conti fatti, quando poi non torneranno più. In principio era la fiducia. La fiducia e la sua sorellina gemella: l’attenzione, che è poi della stessa famiglia grammaticale dell’attesa: «Fate attenzione, vegliate, perché non sapete quando è il momento».
L’attenzione: la parola che si scrive nei pacchi che contengono le cose fragili, nei segnali stradali che anticipano un possibile pericolo, negli avvisi che vogliono catturare l’interesse dei viandanti di passaggio. Attenzione non appartiene al campo semantico della minaccia, tutt’altro: appartiene a quello della premura, della maternità, delle logiche intime e frangibili del cuore. Nei Vangeli la scritta “Attenzione” anticipa di pochissimo le strisce pedonali: “Fate attenzione, c’è un attraversamento. Rallentate: aprite bene gli occhi”. Nei Vangeli le strade sono quadri d’alta pittura: quando le strade si toccano, diventano incroci. Nuove possibilità: di andare a destra, a sinistra. Di fare un’inversione di marcia: che è poi l’altro nome della conversione. Di chi inverte la rotta, imbocca la direzione opposta, decide di tornare indietro. Di tornare a Lui: «C’è qualcosa di saggio che dobbiamo imparare. Ci sono pezzi di un mistero, come tessere di un mosaico, che incontriamo e vediamo. Noi vogliamo vedere troppo in fretta il tutto e Dio invece si fa vedere pian piano. Anche la Chiesa deve imparare questa attesa» (Francesco, papa).
Il passato è una questione di memoria, il futuro è questione di speranza: il presente è semplicemente una questione di attenzione: fare attenzione, dare attenzione, organizzare l’attenzione. Il segnale stradale per antonomasia: c’è ovunque nei Vangeli, ad ogni piè sospinto, nelle vicinanze di ogni più piccolo incrocio. Attenzione: non si sa mai «che, giungendo all’improvviso, non vi trovi addormentati». Il Vangelo conosce l’umano: quello che sul Tabor prende sonno di fronte alla Trasfigurazione e che nel Getsemani tracolla di stanchezza accanto alla Sfigurazione. L’umano rattrappito e ronfante. Quello che, per troppa distrazione, fallì l’appuntamento con la Bellezza: Pilato si chiedeva cosa fosse la Verità e non s’accorse che la Verità gli era davanti, in fronte, al suo cospetto. Non fu viltà la sua, nemmeno pilatismo, men che meno incapacità d’essere leale di fronte alla storia: fu semplicemente un attimo di distrazione. Un attimo che a Lui costò la Croce e a Pilato l’unica condanna rimasta finora fallimentare: l’aver perduto l’appuntamento con la Verità. Con la verità di Dio, con la verità di se stesso.
In Avvento s’attende: l’Avvento è il tempo dell’attesa. E, dunque, il tempo dell’attenzione. L’attesa senza attenzione è perdere tempo, l’attenzione senza l’attesa è sonno, l’esatto contrario di chi attende. Il sonno favorisce gli incidenti e i rimpianti: «Dio è sempre una sorpresa, e dunque non sai mai dove e come lo trovi, non sei tu a fissare i tempi e i luoghi dell’incontro» (Francesco, papa). Poterlo incontrare non è riservato ai santi: è per coloro che stanno attenti. Per i non distratti: per gli amanti, cioè per gente che capisce le logiche dell’amore e della folle attesa. Che è pienamente cosciente che i segni sono sempre piccoli segni, come le rivelazioni sono sempre piccole rivelazioni. Ad ogni incrocio, però, tornano: per rasserenare, per incoraggiare, per indicare. Per rammentare ciò che Dio un giorno vorrà rendere storia giocandosi l’ultima carta, quella di un Figlio mandato a piantare la sua tenda in mezzo al trambusto dell’umano: che i sogni, a lasciarli nel cassetto, fanno la muffa. E che l’aquilone, per alzarsi in volo, ha estremo bisogno del vento contrario. Attenzione, dunque: alla muffa e al vento contrario. Attendere è rifiutare di fare la muffa, fare attenzione è dire grazie al vento-contro. Tutto il resto è diavoleria: carta da parati. Sonno.
Buon avvento!
Tra le strade del Bel Paese
Le strade, quando si toccano, diventano incroci. Di ritorno da una settimana di strade e di incroci lungo il Bel Paese, dico grazie alle migliaia di persone con le quali abbiamo condiviso mattinate e serate a parlare di Cielo con i piedi seriamente dentro la Terra. Tra scuole, strade e parrocchie. Un grazie immenso:
a don Giuseppe Cippitelli e agli amici della parrocchia di Centocelle di Roma. La periferia che si colora di colori che colorano.
Agli studenti e professori del Liceo Scientifico Rossetti di San Benedetto del Tronto (AP): “S’impara solo divertendosi”.
a don Gianni Croci e agli amici di Porto d’Ascoli (AP): troppi quella sera. Dio è sempre un grande esagerato.
a don Sergio Carettoni e alla comunità di Lucrezia di Cartoceto (PU): a immaginarLo sembrava davvero una pazzia. Invece era Lui, per davvero.
a don Stefano Bianchi e alla parrocchia del Duomo di Fidenza (PR): storie che si incrociano e ripartono.
Il viaggio continua. E domani sarà una splendida giornata grazie alle tantissime battaglie di uomini e donne che non si rassegneranno mai. Io ci sono: ci voglio essere. Un abbraccio forte a tutti!