Terminate le ‘fatiche’ ecumeniche in Turchia, Papa Francesco si concentra ora su un altro tema a lui a cuore: la tratta degli esseri umani. Una delle falle, questa, della società moderna verso cu Bergoglio si è scagliato sin dall’inizio del suo pontificato denunciandola come “una piaganel corpo dell’umanità contemporanea e nella carne di Cristo”,da sconfiggere ad ogni costo.
Ma oltre alle parole, a Francesco piace fare i fatti. Quindi ha dato appuntamento per oggi in Vaticano a tutti i rappresentanti delle religioni mondiali, per firmare una dichiarazione comune che sottoscriva l’impegno a sradicare questa forma di schiavitù moderna entro il 2020.
Una iniziativa non da poco, anzi di portata storica, a cui sono chiamati a partecipare cattolici, ortodossi, buddisti, indù, ebrei e musulmani.
Il testo verrà siglato domani intorno alle 11.15, durante una cerimonia nella Casina Pio IV, sede della Pontificia Accademia delle Scienze. Lo stesso luogo, cioè, dove, il 2 e il 3 novembre 2013, si svolse un enorme Convegno internazionale sul tema, al termine del quale la Santa Sede formulò 49 proposte per abolire il male della tratta.
Insieme al Papa, promotore dell’evento è l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, con il quale Francesco aveva già espresso la preoccupazione e l’orrore per le schiavitù moderne, durante i loro due incontri in Vaticano.
“Ci impegniamo – disse il Papa nell’udienza con il primate del 16 giugno scorso – a perseverare nella lotta alle nuove forme di schiavitù, confidando di poter contribuire a dare sollievo alle vittime e a contrastare questo tragico commercio. Come discepoli inviati a guarire il mondo ferito, ringrazio Dio che ci ha reso capaci di fare fronte comune contro questa gravissima piaga, con perseveranza e determinazione”.
E l’Arcivescovo di Canterbury aveva risposto dicendosi “grato per il progresso compiuto grazie al sostegno di molte organizzazioni di portare l’attenzione del mondo ai mali della moderna schiavitù e del traffico di esseri umani”.
Tra queste spicca la Global Freedom Network, la quale si è incaricata di realizzare l’importante appuntamento di domani, in occasione della Giornata internazionale per l’abolizione della schiavitù.
Nella dichiarazione comune, il Pontefice e gli altri leader religiosi, oltre al traffico di esseri umani, bollano come “crimine contro l’umanità” anche il lavoro forzato, la prostituzione, il traffico di organi, e qualsiasi rapporto che non rispetti il principio fondamentale che “tutti gli uomini sono uguali e hanno pari libertà e dignità”. Tutte le nazioni, le fedi, le popolazioni devono riconoscere tali azioni come delitti. Viene dunque affermato un impegno comune a ispirare “l’azione spirituale e pratica per tutte le fedi e le persone di buona volontà in tutto il mondo per sradicare la schiavitù moderna”.
L’impegno ricalca l’esortazione di Papa Francesco – rivolta ai partecipanti dell’incontro succitato, il 17 novembre scorso – a condurre, senza paura, la “battaglia contro il movimento che porta l’umanità a pensare che una persona sia un oggetto usa e getta, un oggetto da usare”. “È una battaglia che tutti siamo chiamati a compiere”, aveva aggiunto il Pontefice nel suo discorso, ovvero “riscattare la dignità della persona” in un’epoca “dove la persona umana viene usata come oggetto e finisce per essere materiale di scarto”. E per un cristiano questo è inammissibile, perché “agli occhi di Dio non c’è materiale di scarto, c’è solo dignità”.
Da ricordare, inoltre, che l’impegno della Santa Sede contro questo reato umanitario proseguirà l’8 febbraio 2015, con la Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone promossa dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e le Unioni internazionali femminili e maschili dei Superiori/e Generali. L’evento sarà celebrato in tutte le diocesi e le parrocchie del mondo, nei gruppi e nelle scuole, in occasione anche della festa di Santa Giuseppina Bakhita, schiava sudanese, liberata e divenuta religiosa canossiana, canonizzata nel 2000 da Giovanni Paolo II.
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I firmatari della Dichiarazione comune di domani saranno:
– per la Chiesa cattolica: Papa Francesco;
– per gli anglicani: l’arcivescovo di Canterbury, Justin Welby;
– un rappresentante indù e due buddisti, tra cui il sommo sacerdote della Malaysia;
– per l’ebraismo: il rabbino capo David Rosen e il rabbino Abraham Skorka, vecchio amico di Bergoglio;
– per gli ortodossi: il metropolita Emmanuel di Francia in rappresentanza del patriarca ecumenico Bartolomeo;
– per i musulmani, il sottosegretario di Al-Azhar Abbas Abdalla Abbas Soliman in rappresentanza del grande imam Mohamed Ahmed El-Tayeb, e i grandi Ayatollah Mohammad Taqi al-Modarresi e Sheikh Basheer Hussain al Najafi (quest’ultimo rappresentato dal consigliere speciale Sheikh Naziyah Razzaq Jaafar). Firmerà anche l’imam argentino Sheikh Omar Abboud, anch’egli amico di lunga data di papa Francesco.