Immaginiamo di essere nel nostro letto, immersi in un sonno più o meno tranquillo; ad un certo punto della notte veniamo svegliati all’improvviso da una voce che dice, anzi grida: «Ti annuncio una buona notizia!».
A questo punto spalanchiamo gli occhi e mettiamo in allerta tutti gli altri sensi per capire cosa sta succedendo: ecco, potremmo rappresentare più o meno così il percorso della Parola dalla prima alla seconda domenica di Avvento, in cui siamo insistentemente invitati ad ascoltare un “lieto annuncio” che risuona, a volume sempre più alto.
C’è una buona notizia per te, che ti senti come un esiliato lontano dalla tua “città della pace”, la Gerusalemme della tua nostalgia: è il momento di ritornare, di costruire una strada verso la città santa; la strada è qualcosa che collega i luoghi, ma soprattutto, le persone e, perciò, ci viene data la possibilità di costruire relazioni nuove, tra noi e ogni uomo, tra noi e Dio, e di colmare le distanze tra fratelli lavorando con fatica per abbassare i colli e innalzare le valli che ci impediscono di raggiungerci, con un Dio che non ce la fa ad aspettare tanto e ci viene incontro lui stesso su questa strada, come un pastore, per prendere in braccio gli agnellini e condurre dolcemente le pecore madri, cioè stare al passo con la fatica della vita che fa nascere altra vita.
C’è una buona notizia per te, che hai paura di aver perso l’ultimo treno: davanti al Signore un solo giorno è come mille anni; è il momento giusto per ricominciare, per lasciare che il Signore passi come un fuoco dentro la nostra esistenza, per alleggerirci di tutte le pesantezze accumulate, e farci fare esperienza di nuovi cieli e terra nuova, cioè della novità di una vita che è ben piantata per terra, ma ha gli occhi fissati nei cieli, aspettando ed affrettando la venuta di Dio, con la santità della condotta e le preghiere, imparando da Lui quella magnanimità che coniuga insieme giustizia e pace, amore e verità, perché ogni nostro oggi sia già il giorno del Signore.
C’è una Buona Notizia per te, che fai fatica a respirare dentro una esistenza stracolma di rumori, di luci, di cose, di luoghi, di impegni, di preoccupazioni, di messaggi e di quant’altro, ma che, altrimenti, ti sembrerebbe spaventosamente vuota: è Gesù, Cristo, Figlio di Dio, il cui messaggero, Giovanni, ci conduce proprio nell’essenzialità del deserto, dove confessati i nostri peccati, possiamo fargli spazio nella nostra vita, per conoscerlo e godere della sua amicizia, e creare dentro e fuori di noi quel silenzio abitato dalla sua voce: Consolate, consolate il mio popolo, parlate al cuore di Gerusalemme e gridatele che la sua tribolazione è compiuta, la sua colpa è scontata.