Il tradizionale “ufficio oggetti smarriti” delle ferrovie italiane non esiste più, da tempo. Era uno dei punti fermi della cultura popolare del Belpaese: lasciavi un libro di Liala sul 7.50 fra Tortona e Novi Ligure, oppure l’ombrello sulla Campobasso-Benevento e, se avevi fortuna, tanta fortuna, alla fine li rintracciavi al defilato sportello di una stazione della linea. Ora non è più così: l’incarico del servizio – che all’estero si chiama britannicamente “lost and found” – è stato affidato a (presunti) uffici istituiti presso i Comuni, telefonando ai quali le risposte sono assai vaghe. Vaghissime. Provare per credere.
Quindi chi oggi perdesse il bastone del nonno o il cestino della merenda su una tratta che porta, ad esempio, a Roma o a Milano, si deve organizzare e domandare, in orari d’ufficio, a quegli appositi servizi municipali. Dal canto suo Trenitalia sul proprio sito web avverte: “Nel caso il personale di Trenitalia trovi oggetti smarriti dai clienti, vengono applicate le norme del Codice Civile (art. 927 e seguenti) che prevedono la consegna degli oggetti rinvenuti all’ufficio oggetti smarriti del Comune in cui è stato ritrovato l’oggetto, indicando le circostanze del ritrovamento”.
Peccato. Agli “Oggetti smarriti” di un tempo si trovava di tutto, una sorta di compendio dell’italianità senza memoria, della distrazione quale bislacco fenomeno tricolore: la bicicletta con una sola ruota, cappelli eleganti, un prosciutto di Parma, borse in pelle, palloni, cravatte, pacchetti di sigarette, pettini, mazze da golf, un arto superiore, la radiolina a transistor giapponese, l’immancabile dentiera, i dischi di Little Tony…
Eppure la memoria dei pendolari e dei viaggiatori non è migliorata. Sulla rivista “La freccia”, in distribuzione gratuita in questi giorni sull’Alta velocità Fs, si legge che da gennaio a novembre sono state 3.687 le “richieste di ricerca di effetti personali smarriti a bordo” di Frecciarossa, Frecciabianca e Frecciargento. Di queste, “ben 3447 sono andate a buon fine e quanto perso è stato restituito in poche ore ai proprietari”. Gulp! Evidentemente si tratta di un angolo di Italia che funziona, di un’“eccellenza” magari spicciola ma che lascia ben sperare per il futuro nazionale.
Ma cosa dimenticano in carrozza oggi gli italiani? È sempre “La freccia” a chiarirlo: “Borse e valigie risultano le più dimenticate, circa il 48% del totale”: facile aspettarselo, trattandosi di treni. “Seguono cellulari, tablet e pc (28%)”: normale nella cyber-era. Quindi “in misura minore, abiti, accessori di abbigliamento, libri, agende, occhiali, strumenti musicali, sci e addirittura un quadro d’epoca, un paio di orecchini preziosi, una toga da giudice e un cagnolino”, il quale, puntualizza la rivista, è stato “riconsegnato sano e salvo alla padrona”.
Qualcuno – si vocifera – ha provato a smarrire il marito noioso e la suocera petulante: per fortuna senza successo. In questi casi Trenitalia ha provveduto al reinoltro domiciliare.
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