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Io sto con la sposa: dalla parte delle periferie

Nella seconda domenica di avvento nelle nostre Chiese abbiamo posto come segno la barca dei migranti e invitato per domenica prossima 14 dicembre al natale multietnico. Per continuare la riflessione ecco un film da vedere con i giovani, con gli adulti, con i gruppi, a scuola, con tutti, per leggere la realtà, per conoscere la vita per incontrare le periferie sofferenti e speranzose di chi fugge da paesi in guerra e da persecuzioni.

“Io sto con la sposa”. La visione del film è avvenuta domenica 7 dicembre presso il teatro Concordia a San Benedetto all’interno dell’evento “Io sto con il mondo”, per sensibilizzare sulle tematiche della migrazione e promuovere i servizi che il comune ha avviato a sostegno dell’accoglienza e dell’integrazione, come lo sportello aperto presso il centro per le famiglie comunale “L’albero”.

www.iostoconlasposa.com

“Io sto con la sposa” è davvero un film da vedere, su cui confrontarsi, per conoscere la faccia autentica e vera delle realtà che vivono coloro che lasciano la propria terra, rischiando il tutto per tutto attraversando il mare. È un docufilm realizzato in seguito a un incontro e per rispondere alla domanda, di come poter aiutare queste persone, di un giornalista e di un regista che hanno poi coinvolto altre persone, tutti consapevoli dei grossi rischi che correvano nell’aiutare dei “clandestini” secondo la legge.

È il racconto in presa diretta della messa in scena di un corteo nuziale per accompagnare cinque persone, rifugiati politici, verso la Svezia, attraversando le frontiere europee partendo da Milano, evitando così di essere fermati e anche scambiati per contrabbandieri. Un racconto sulla strada, quattro giorni di viaggio, che apre squarci sulla vita di queste persone che fuggono dalla guerra, dai campi profughi, che tentano, come in una roulette russa, il viaggio della speranza verso l’Europa attraverso il mar Mediterraneo. Emergono con forza dirompente che arriva dritta dritta i sentimenti, i dolori e i sogni di questi uomini e donne che partono con il cuore gonfio, la paura ma con la passione del desiderio di una vita diversa, soprattutto per i figli, i più giovani. Uomini e donne e non numeri di una tragedia, quella della frontiera del Mediterraneo che conta ventimila vittime. Ecco la storia di un padre che con il figlio adolescente è partito, lasciando in Siria la moglie con gli altri figli piccoli, con l’angoscia di sapere che se il suo viaggio avesse fallito, non ci sarebbe stata più nessuna possibilità per la sua famiglia, o che se succedesse qualcosa a sua moglie in Siria, lui non può far nulla per i suoi bambini, perché là non può tornare e senza un documento qui non li può far venire. E nel racconto di un sopravvissuto alla tragedia di Lampedusa, i nomi di tutti quelli che non ce l’hanno fatta, dispersi nelle acque del mare. Le lacrime di chi ha ottenuto una nazionalità, un passaporto che non ha mai avuto e finalmente si sente di appartenere a uno stato, uno stato che forse così presente non sarà…

Storie autentiche di ciò che purtroppo è l’ordinarietà di paesi in guerra, di contrabbandieri che mercificano la speranza di queste persone, di chi si chiede perché non si possa essere liberi di viaggiare. Le domande che svelano l’ipocrisia di proclami di accoglienza dei profughi e rifugiati da parte dei paesi europei, di leggi che limitano e non ascoltano né queste persone in fuga, né chi accoglie, ed ecco storie di impronte digitali prese a forza, del limite legislativo delle richieste d’asilo solo al paese in cui arrivi,  in una visione europea che fatica a comrpendersi. Così che capita che dopo aver attraversato l’Europa per raggiungere il sogno di abitare in Svezia, si sia rimandati in Italia, quale paese di primo arrivo dove ti hanno preso le impronte digitali.

www.iostoconlasposa.com/

Uno sguardo aperto e umano emerge dalle riprese del film, film finanziato attraverso il crowfunding, un film senza nazionalità, perché non è stato registrato sebbene non fosse nell’intenzionalità, all’avvio delle riprese. Ma che diventa elemento significativo e paradigmatico del film stesso, con quella domanda che risuona: perché se il cielo è uno non si può essere liberi di muoversi sotto lo stesso cielo.

Monica Vallorani: