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L’America è sotto choc, clima incandescente Appelli alla pacificazione

Di Damiano Beltrami

“Oggi piangiamo due poliziotti devoti, giovani e promettenti, vittime d’una brutale esecuzione”: durante l’omelia della Messa domenicale, l’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, ha ricordato ieri (21 dicembre) i due agenti freddati per strada il giorno prima da un giovane afroamericano. Tra i banchi della cattedrale sedevano il sindaco della metropoli, Bill De Blasio, e il capo della polizia William Bratton, in una giornata terribile per le forze dell’ordine, per New York e per tutta l’America. “Siamo fortemente preoccupati che la città si sia resa protagonista di tensioni e divisioni così gravi”, ha proseguito il cardinale. “Ma più grandi sono gli ostacoli più ci si rafforza superandoli”. In diverse chiese della città e del Paese si è pregato durante le Messe per le vittime e per il ritorno a un clima di serenità e di pace sociale.

Il cardinale in ginocchio. Facendo riferimento al brano evangelico dell’annunciazione, Dolan dal pulpito della cattedrale di San Patrizio ha detto ai poliziotti: “Non abbiate paura, non siete soli”. E ha spiegato, rivolgendosi a Bratton, che la preghiera della Chiesa per i poliziotti è incessante. Fuori dalla cattedrale, intanto, dozzine di agenti in lacrime esibivano il lutto al braccio in onore dei due colleghi assassinati. Dolan ha accennato di aver appreso della sparatoria alle 4.15 di sabato mentre stava per celebrare Messa in una chiesa del Bronx. Vedendo che i poliziotti in servizio presso la chiesa erano sconvolti, Dolan ha chiesto loro di seguirli alla vicina stazione di polizia. Lì si è inginocchiato sul pavimento e ha pregato con gli agenti.

Dignità e sicurezza.
Mai così rilevanti e pubblicamente richiamati appaiono in queste ore i commenti che un altro cardinale americano, Seán O’Malley, arcivescovo di Boston, aveva annotato sul suo blog solo qualche giorno fa: “Possiamo essere di diversi gruppi etnici ma facciamo tutti parte della stessa umanità. Un dialogo produttivo e una vera cooperazione tra le nostre comunità e chi lavora per assicurare l’ordine è di cruciale importanza. La dignità di ogni persona deve essere rispettata e protetta, e al contempo la sicurezza di ognuno deve essere garantita”.

Duplice omicidio. L’assassinio dei due agenti è avvenuto in una sezione di Brooklyn nota come Bed-Stuy, una delle poche aree pericolose di una città che dopo l’era Giuliani e Bloomberg è divenuta la metropoli più sicura d’America. A compiere l’atto è stato un afroamericano di 28 anni, Ishmael Brinsley, originario di Baltimora. Nelle folli intenzioni del responsabile si è trattato di una vendetta per gli abusi dei poliziotti contro i neri venuti alla luce negli ultimi mesi. I due agenti uccisi, Wenjian Liu, 32 anni, e Rafael Ramos, 40 anni, erano di pattuglia in macchina quando Brinsley ha sparato loro alcuni colpi di pistola alla testa; poi, dopo una breve fuga, si è tolto la vita. In seguito è affiorato che qualche ora prima a Baltimora aveva sparato anche all’ex fidanzata. Uomo dalla lunga storia criminale, Brinsley poco prima dei drammatici eventi aveva pubblicato sul suo profilo Instagram serie minacce alla polizia di New York. “Loro fanno fuori uno di noi”, aveva farneticato riferendosi alle brutalità della polizia nei casi di Michael Brown ed Eric Garner, venute alla luce nelle settimane scorse, “e io faccio fuori due di loro”.

Choc e rabbia. “Sono stati uccisi per via della loro uniformi”, ha detto il capo della polizia William Bratton. “È stata una vera e propria esecuzione”, ha affermato il sindaco Bill De Blasio. “La città è in lutto ed è stato un attacco a tutti noi”. Eppure, le parole di De Blasio, fin dalla campagna elettorale in rotta con la polizia di New York e con i suoi metodi troppo sbrigativi, non sono state ben accolte dai poliziotti. Quando il primo cittadino è arrivato in ospedale gli agenti presenti gli hanno voltato le spalle in aperta polemica per le taglienti frasi di condanna pronunciate da De Blasio all’indomani del caso Garner, il nero di Staten Island ucciso per soffocamento. “In molti hanno le mani sporche di sangue”, ha rincarato la dose il sindacato dei poliziotti. “E le responsabilità cominciano da City Hall”, il municipio di New York.

Situazione incandescente. Il presidente Barack Obama ha chiesto che “le violenze si fermino” e che “le parole d’odio lascino il posto alle preghiere”. Medesimi appelli arrivano dalle comunità cattoliche e da diversi esponenti di fedi religiose. Eppure il clima resta incandescente e proprio ieri un altro agente è stato aggredito a New York, riportando la frattura di un braccio. A riscaldare gli animi anche le parole dell’ex sindaco della città della East Coast, Rudy Giuliani, che ha dato la colpa dell’assassinio alle polemiche cresciute in queste settimane verso le forze dell’ordine, puntando seppur indirettamente l’indice verso lo stesso presidente Obama. A preoccupare l’America – tenuto conto che gli occhi dell’intera nazione si focalizzano su New York – sono nuovi possibili scontri etnici e l’evidente frizione tra le istituzioni: De Blasio e Obama sono figurativamente nel mirino dei poliziotti, di politici repubblicani e di alcuni media; sul versante opposto la polizia continua a essere sospettata di violenze contro le minoranze e in situazioni simili soggetti incontrollabili, emotivamente instabili o socialmente emarginati rischiano di diventare un pericolo per tutti.

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