Essebsi è dato come vincitore con uno share dal 54 al 57% (ma i risultati definitivi si sapranno solo in serata), rispetto allo sfidante Moncef Marzouki, sostenuto dai partiti islamisti, attualmente tra il 43-45%. A quattro anni esatti da quando un ignaro ambulante del sud, Mohammed Bouazizi, si diede fuoco per protesta e innescò la miccia da cui partirono tutte le rivoluzioni in Medio Oriente, la Tunisia viene guardata oggi con attenzione da tutti gli osservatori internazionali perché rimane, nonostante i problemi, un interessante laboratorio di politica e democrazia nel mondo arabo.
La prestigiosa rivista “The Economist” l’ha definita di recente “Paese dell’anno”, anche perché è stata l’unica, tra tutti i Paesi – Egitto, Siria, Libia – a non essere di nuovo travolta dagli estremismi, dalla destabilizzazione e dalla violenza. La Tunisia può dirsi orgogliosa di aver varato, a gennaio 2014, una Costituzione illuminata, che ha sancito, tra l’altro, la parità tra uomo e donna. Non è un caso che nel Parlamento tunisino – rinnovato di recente – oggi quasi un terzo delle deputate siano donne, una percentuale che si avvicina molto agli standard europei.
Le donne sono anche la vera forza della Tunisia: moltissime hanno studiato, hanno desiderio di emanciparsi, e stanno facendo il possibile per far emergere il Paese dalle difficoltà sociali ed economiche in cui ancora versa. Molti sono i giovani disoccupati, poco qualificati, che vagano per le strade senza fare nulla e che potrebbero essere facile preda di allettanti fondamentalisti oltre confine. Molti combattenti islamisti vengono infatti dalla Tunisia. Per questo aver ribadito la laicità nella nazione, seppur in un dialogo rispettoso con le forze politiche ispirate all’Islam (nella Costituzione viene ribadita l’identità islamica), può essere una garanzia che il cammino verso la democrazia è percorribile con speranza. La Tunisia guarda al mondo e il mondo la guarda.