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La buona agricoltura farebbe la differenza nella vita dello Zambia

Di Davide Maggiore

Negli ultimi due mesi Lusaka non ha atteso solo le elezioni. Le strade della capitale dello Zambia si riempiono di materiali di propaganda politica in vista del voto per le presidenziali del 20 gennaio, ma fino a dicembre inoltrato la prima preoccupazione delle persone comuni era un’altra. “La stagione delle piogge sarebbe dovuta iniziare ad ottobre, ma non è ancora arrivata”, ripetevano in molti. Il primo vero temporale è stato commentato con sollievo il mattino dopo, persino in città, dove gli abitanti che dipendono direttamente dall’agricoltura non sono molti, ma dove tutti sanno per esperienza quali possono essere le conseguenze di questo ritardo.

Progressi e ostacoli. Lo Zambia, 14 milioni e mezzo di abitanti e oltre 752.600 chilometri quadrati di superficie, potrebbe essere in effetti l’emblema di un’Africa di cui si discute poco. Quella della terra e dell’agricoltura, ambito in cui – anche in questi anni di forte crescita percentuale del prodotto interno lordo e di trasformazioni economiche – è ancora impegnato il 65% della popolazione. Tuttavia, solo il 32% della ricchezza del continente è prodotta in questo settore: i dati li fornisce l’ultimo rapporto della “Alliance for a green revolution in Africa” (Agra nell’acronimo inglese), organizzazione non governativa finanziata dalla fondazione Gates. “I cattivi risultati del settore agricolo sono uno dei principali ostacoli allo sviluppo nel continente africano”, riconosce Willis Olouoch-Kosura, esperto dell’università di Nairobi, introducendo il rapporto. Non per questo, però, vanno negati i progressi compiuti. In Zambia, ad esempio, “negli ultimi anni è stato fatto molto, è aumentata la varietà e la quantità della produzione nelle fattorie e resta disponibile molta terra coltivabile, su suoli fertili”. A spiegarlo è Francisco Ribau Amarante, fratello missionario comboniano, agronomo di formazione, che opera a Chikowe, nell’Est del Paese. “Nei villaggi – racconta – non esiste altra fonte di reddito che l’agricoltura e le coltivazioni più diffuse in questo senso sono cotone, tabacco e soia, oltre al mais”. Secondo i dati della Banca mondiale per il 2014, il 60% degli zambiani vive in un’area rurale, ma stime informali suggeriscono che tre cittadini su quattro dipendano in qualche modo dall’agricoltura sia per il sostentamento diretto che per il guadagno.

“Ciclo di schiavitù”. La produzione commerciale non è monopolio delle grandi fattorie, proprietà soprattutto di farmer bianchi, alcune delle quali sorgono anche poco distante dalla periferia di Lusaka. Le principali aziende agricole commerciali, certo, sono avvantaggiate perché solo loro possono disporre – ad esempio – di sistemi complessi d’irrigazione ed essere meno dipendenti dalle piogge. Ma anche i piccoli coltivatori hanno un ruolo sul mercato: “Firmano contratti – spiega fratello Francisco – con le compagnie del settore, che forniscono tutto: semi, fertilizzanti, pesticidi”. Il prestito viene ripagato con parte del raccolto, mentre i profitti della parte rimanente, venduta alle stesse compagnie, restano a chi lavora la terra. Il prezzo però, denuncia il comboniano, “non è mai concordato prima: è solo al momento del raccolto che le compagnie decidono quanto pagheranno”. Una situazione che, secondo il missionario, dà vita “quasi a un ciclo di schiavitù”. Né la situazione è migliore quando l’acquirente, come nel caso del mais, è lo Stato, che ha sempre più difficoltà a pagare. “Appena prima di Natale c’era chi ancora non aveva ricevuto il denaro dello scorso anno – nota fratello Francisco – e ora non ha i mezzi per piantare, anche se vuole farlo”. Le difficoltà climatiche, con una stagione delle piogge che inizia sempre più tardi e termina più presto, sono quindi solo uno dei problemi affrontati dagli agricoltori locali: mancano “anche le infrastrutture, soprattutto le strade che permettano di far arrivare le attrezzature agricole nelle aree più remote e i prodotti, invece, da queste ai mercati”. Ancora una volta, sotto questo aspetto, sarebbe necessario l’intervento del governo che si insedierà dopo il voto del 20 gennaio. Dunque nessun aspetto, climatico, economico, politico – può essere davvero trascurato se si vuole che lo Zambia, e allo stesso modo l’intera Africa, continente in cui si trova il 60% della terra coltivabile del mondo – possa davvero trarre beneficio dalle sue immense potenzialità agricole.

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