“Siete un piccolo gregge, ma con una grande responsabilità nella terra dove è nato e si è diffuso il cristianesimo. Siete come il lievito nella massa… La ricchezza maggiore per la Regione sono i cristiani, siete voi. Tutta la Chiesa vi è vicina e vi sostiene. La vostra testimonianza mi fa tanto bene. Grazie! Spero tanto di avere la grazia di venire di persona a visitarvi e confortarvi”: è una lettera ricca di vicinanza e di stima quella che Papa Francesco ha indirizzato ai cristiani del Medio Oriente in vista del Natale. Un Natale di sofferenza che, scrive il Pontefice, negli ultimi mesi si è aggravata “soprattutto per l’operato di una più recente e preoccupante organizzazione terrorista, di dimensioni prima inimmaginabili, che commette ogni sorta di abusi e pratiche indegne dell’uomo, colpendo in modo particolare alcuni di voi che sono stati cacciati via in maniera brutale dalle proprie terre, dove i cristiani sono presenti fin dall’epoca apostolica”. Ai cristiani del Medio Oriente Papa Francesco indica la via del dialogo e della testimonianza. Dialogo ecumenico come testimoniano “santi e martiri di ogni appartenenza ecclesiale” e interreligioso che deve essere “basato su un atteggiamento di apertura, nella verità e nell’amore” così da essere anche “il migliore antidoto alla tentazione del fondamentalismo religioso, minaccia per i credenti di tutte le religioni”. Per Papa Francesco i cristiani possono aiutare i loro concittadini musulmani “a presentare con discernimento una più autentica immagine dell’Islam”. Al tempo stesso, però, il Pontefice chiede “una presa di posizione chiara e coraggiosa da parte di tutti i responsabili religiosi, per condannare in modo unanime e senza alcuna ambiguità tali crimini e denunciare la pratica di invocare la religione per giustificarli”. Analogo impegno viene chiesto alla Comunità internazionale affinché “promuova la pace mediante il negoziato e il lavoro diplomatico, cercando di arginare e fermare quanto prima la violenza che ha causato già troppi danni. Ribadisco la più ferma deprecazione dei traffici di armi. Abbiamo piuttosto bisogno di progetti e iniziative di pace”.
“Ringrazio il Pontefice per la sua vicinanza e il suo affetto verso i cristiani mediorientali. Il 2014 è stato un anno duro e difficile in Siria, in Iraq, a Gaza, per le sofferenze dei rifugiati e degli sfollati”. È il commento del patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal, alla lettera del Papa. “Le parole del Santo Padre ci spingono verso quella assiduità alla preghiera e alla carità che erano tipiche della prima comunità di Gerusalemme e che oggi più che mai è il nostro programma pastorale. Mi ha colpito il tono del Pontefice che chiama i cristiani ‘lievito nella massa’ incoraggiandoli a perseverare nella fede e nella testimonianza. Apprezzo molto il suo coraggio nel condannare le brutalità dello Stato islamico e il commercio di armi. Qui in Medio Oriente non abbiamo bisogno di armi ma di pace. La Comunità internazionale deve capirlo e impegnarsi di più. Ed è quello che dirò durante la messa di mezzanotte domani a Betlemme: vogliamo pace e non armi”. “Aspettiamo il Papa con tutto il cuore. Le sue parole ci hanno scaldato l’anima”. La lettera di Francesco ha avuto una grande eco anche a Baghdad. “Quello che il Papa ci ha fatto è un grande dono – dice monsignor Shlemon Warduni, vescovo ausiliare caldeo della capitale irachena – soprattutto quando richiama le sofferenze dei cristiani perseguitati dallo Stato Islamico. Dietro tutte queste violenze ci sono interessi come il traffico di armi che il Papa denuncia con forza. La nostra gente è stanca, afflitta, impaurita, vuole emigrare. Le parole del Papa sono un balsamo per loro e soprattutto per gli sfollati di Erbil che vivono sotto le tende in condizioni molto precarie. Preghiamo per i miliziani dello Stato islamico perché il Signore apra il loro cuore e la loro mente alla convivenza e al bene. Essi odiano l’uomo e così facendo odiano Dio. Dobbiamo aiutare i musulmani a mostrare il volto autentico dell’Islam come invita a fare il Pontefice”. “Una lettera ricca e piena di significato che legge in modo profondo la realtà dei cristiani in Medio Oriente la cui situazione è molto grave”. Commenta così dal Cairo Gregorio III Laham, patriarca cattolico siriano, patriarca di Antiochia, di tutto l’Oriente, di Alessandria e di Gerusalemme dei Melchiti. Il patriarca si dice colpito dalle parole del Papa che “ha messo bene in evidenza la collaborazione dei patriarchi in Medio Oriente. Lavoriamo – dichiara con una visione comune ma speriamo di fare di più anche con i musulmani. Non tutti sono fondamentalisti ed estremisti. Domenica – dice – ero a Damasco in moschea con altri due patriarchi, quello greco-ortodosso e siro-ortodosso, per capire insieme ad alcuni imam come contrastare i jihadisti dell’Is con un pensiero positivo”. Le risposte alla violenza non mancano e le iniziative di pace si moltiplicano come chiede il Papa nella lettera. “A Natale in Siria migliaia di bambini vivranno un po’ di gioia. Nelle chiese di Damasco saranno consegnati molti doni”, rivela Gregorios III che racconta anche della “candela della pace”. “Abbiamo distribuito alle famiglie cristiane rimaste in Siria molte candele con l’invito ad accenderle in casa per pregare per la pace nel nostro Paese. Non dobbiamo abbandonare la speranza, come ci esorta Papa Francesco. Abbiamo bisogno di pace e non di guerra, ma la comunità internazionale deve aiutarci”.
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