Una buona cosa che il governo può fare, a costo zero: ripristinare dei corposi incentivi per rottamare le vecchie auto in circolazione. È il momento giusto, gli effetti sarebbero tutti positivi.
In Italia, quasi la metà del parco macchine circolante ha più di 10 anni; buona parte di questa metà è costituita da mezzi Euro zero, uno, due: insomma da automobili che, rispetto a quelle in vendita attualmente, hanno emissioni inquinanti di gran lunga superiori. Tanto per fare un esempio, un vecchio diesel ancora in circolazione inquina come decine di nuovi motori a gasolio… Una situazione che ci vede in coda alle classifiche in Europa, con una media di 10 punti percentuali in più di auto circolanti troppo anziane; e che presenta notevoli differenze tra le Regioni più virtuose (in primis il Trentino Alto Adige) e quelle dove troppe “carrette” circolano per strada (Calabria, Campania).
Ma il discorso non ha soprattutto una valenza ambientale, anche se abbiamo tutti da guadagnarci da un minore inquinamento atmosferico. C’è infatti la questione sicurezza in ballo: le auto di 15-20 anni fa non avevano se non in minima parte quei dispositivi di sicurezza attiva e passiva (airbag, abs, esp…) che ora sono patrimonio anche della più modesta utilitaria. E i risultati di questo arricchimento di dotazioni si sono visti nel corso degli anni: si è passati in poco tempo da oltre 11mila vittime della strada in un anno, a poco più di 3mila registrate negli ultimi tempi. Una gran bella notizia che, come tutte le belle notizie, fa molto meno clamore di quelle negative.
Ecco quindi che il discorso degli incentivi per la rottamazione trova due grandi motivazioni per ritornare in ballo. Si obietterà: ci sono due critiche parallele che la ostacolano. La prima è che gli incentivi sono una “droga” per il mercato: muovono fortemente le vendite quando ci sono, mandano il settore in crisi di astinenza quando cessano. Ma la soluzione chiude la bocca a questa e anche alla seconda critica: questi incentivi dovrebbero essere senza scadenza, mirati ad eliminare in via continuativa quella decina di milioni di auto troppo inquinanti e troppo vetuste. Ed essendo strutturali, muoverebbero un settore – quello dell’automotive – che è letteralmente crollato in questi tre anni.
Ha chiuso la metà delle concessionarie; migliaia di posti di lavoro sono letteralmente evaporati; i riflessi negativi hanno interessato l’intero indotto (dalle forniture ai servizi) sopravvissuto solo grazie a diversificazione ed esportazioni. La mannaia delle eccessive tasse e del caro-carburante ha fatto il resto: oggi il mercato italiano è paragonabile a quello degli anni Settanta…
Le maggiori vendite quindi da una parte stimolerebbero investimenti ed occupazione (e con questi Irpef, Irap, contributi Inps…), dall’altra appunto l’incasso di Iva, miseramente crollato assieme alle immatricolazioni. Così lo Stato recupererebbe dalla finestra più di quanto elargirebbe dalla porta degli incentivi.
Non sarà il ponte sullo Stretto; non sarà la completa sistemazione idrogeologica del nostro territorio… ma le vie della ripresa economica passano anche da provvedimenti più modesti, dettati dal buonsenso. Avendone.