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Don Gian Luca Rosati: anche noi siamo chiamati alla santità e non ad essere cristiani sbiaditi

Di Don Gian Luca Rosati

Santo Stefano, primo martire, ci aiuta a comprendere meglio il Natale appena celebrato.
Potremmo, infatti, correre il rischio di limitarci a rimanere di fronte al Bambino adagiato in una mangiatoia e invece siamo subito messi di fronte alla missione che scaturisce da quell’incontro.
Dopo quella notte, dopo quella visione, dopo il pellegrinaggio verso il luogo della nascita, si parte per una via nuova ad annunciare a tutti ciò che si è rivelato ai nostri occhi, la luce che ha squarciato le nostre tenebre. E annunciamo ciò che abbiamo visto, con la luce e il sale che animano i nostri gesti e le nostre parole, segni di un’esistenza che si lascia evangelizzare. È lo stile degli apostoli: un modo di vivere e agire che contrasta con quello dei pagani.

Nel vangelo di Matteo, Gesù avverte gli apostoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe…» (Mt 10,17).

Sembra qualcosa di distante da quanto ordinariamente viviamo qui in Italia: siamo in una società che si vanta d’essere tollerante e quindi apparentemente non veniamo perseguitati per la nostra fede. Forse, però, non veniamo perseguitati apertamente, perché noi cristiani non diciamo più niente: non offriamo ai pagani la testimonianza di una vita buona, desiderabile, migliore.

Perché dovrebbero portarci nei tribunali?
Perché dovrebbero perseguitarci?
Perché dovrebbero flagellarci?

Potremmo avere l’impressione che il contrasto tra cristiani e pagani sia soltanto quello che si riscontra quando si discute di etica e di morale; potremmo avere l’impressione che la persecuzione sia qualcosa che riguarda solo la CEI e i pensatori di area cattolica, continuamente attaccati dall’opinione pubblica.

Ma non è così!

Anche noi siamo chiamati alla santità, anche noi con le nostre scelte quotidiane dobbiamo entrare in contrasto con la mentalità comune, quando questa si discosta dal Vangelo. Ma il più delle volte facciamo come tutti gli altri e, così, diamo l’impressione che sia facile corromperci e renderci mondani, piegarci alle logiche del mondo, del mercato,…

Accendo la televisione o vado in giro per le strade e sento dire di cristiani che corrompono altri cristiani, di cristiani che uccidono i loro figli, di cristiani che rubano e rapinano, di cristiani che timbrano il cartellino e poi vanno a spasso ai danni della collettività, di cristiani che approfittano della debolezza del prossimo, di cristiani che si fanno eleggere per fare i propri interessi e non per mettersi al servizio, di cristianiche violentano i più deboli, di cristiani che predicano sulle piazze, vanno a messa, vanno dal Papa, si inginocchiano e accendono ceri nei santuari di tutto il mondo e poi non salutano i vicini di casa, litigano per le eredità, non si prendono cura della loro famiglia, giudicano e chiudono le porte anziché aprirle, fanno parte di gruppi xenofobi o razzisti e organizzano spedizioni punitive ai danni di poveri immigrati,… e si sentono giustificati perché hanno assolto il precetto domenicale, o quello pasquale.

E anch’io, barcamenandomi tra il Vangelo e le mie incoerenze, faccio parte di questa schiera di sbiaditi cristiani.

Perché il mondo dovrebbe aver paura di noi?
Perché dovrebbe flagellarci o lapidarci?

In una tale confusione giunge provvidenziale il martirio di Stefano a richiamarmi alla testimonianza cristiana, quella che fa nascere nei persecutori un’inquietudine, una domanda. La domanda suscitata nel cuore dell’Innominato dall’incontro con Lucia, la domanda suscitata nel cuore di Saulo dalla vita santa di Stefano, la domanda suscitata nel cuore di Zaccheo al vedere Gesù entrare in casa sua,… la domanda suscitata nel cuore di tanti cristiani dall’incontro con don Primo Mazzolari, don Lorenzo Milani, don Pino Puglisi, papa Paolo VI, madre Teresa, papa Benedetto, papa Francesco, un sacerdote anziano dal volto luminoso di speranza,… la domanda suscitata dall’incontro con tanti altri martiri cristiani, uomini e donne che hanno scelto di seguire Cristo!

Ben si addice a tali apostoli la testimonianza di San Paolo contenuta nella lettera ai Galati: «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal 2, 19-20).

Santo Stefano, che hai vissuto come il tuo Maestro rendendo testimonianza alla Verità, affidando il tuo spirito al Signore, perdonando e pregando per i tuoi uccisori (At 7,54-60), prega perché anche noi possiamo essere cristiani come te!

Redazione: