3.419. È il numero dei migranti morti nel Mediterraneo durante l’anno che volge al termine, secondo i dati dell’agenzia Onu per i rifugiati. Stime al ribasso se si considera che “Migrants Files”, progetto internazionale che utilizza gli strumenti del data journalism per un censimento realistico dei decessi, valuta i numeri ufficiali in difetto del 50%: in 14 anni, infatti, sarebbero oltre 23mila le persone che hanno perso la vita nel tentativo di attraversare quel mare che è stato la culla della civiltà occidentale ed ora è diventato la trappola perfetta. Rotta dannata per chi cerca salvezza sui lidi d’Europa, la più pericolosa con il 75% del totale degli immigrati morti nel 2014.
Soltanto ieri l’intervento della Marina Militare Italiana ha disinnescato l’ultima tragedia annunciata, portando a termine quattro operazioni di salvataggio di imbarcazioni con a bordo 1.300 migranti nel canale di Sicilia. Circa 900 persone salvate dalle navi Borsini, Driade ed Etna, insieme ai mercantili Cougar e St. Jerneborg, sono state fatte sbarcare a Messina. Altri 400 migranti sono invece stati trasportati a Pozzallo, nel Ragusano. Tra questi anche la salma di un giovane uomo.
Non ci sono morti migliori di altre ma i corpi martoriati nel Mediterraneo gridano al Cielo un paradosso insopportabile: pagare per essere ammazzati. È la maledizione dei migranti del Mare Nostrum, è la loro camicia di Nesso. Un tormento insopportabile, dal quale non si può scappare. Né in patria, né altrove.