Tre nomi di donne, dunque, che si stagliano come portabandiera dei valori morali, di cultura e solidarietà, gli stessi che hanno fatto risorgere l’Italia negli anni difficili del dopoguerra. Oggi ci troviamo di fronte ad un Paese stremato dalla crisi, ferito dalla corruzione, schiacciato dai giochi di potere. L’inchiesta su “Mafia Capitale” ha schiaffeggiato duramente gli italiani, facendo emergere dai sotterranei dei palazzi capitolini un esercito di mascalzoni e corrotti.
Non sarà arrivato il tempo che le donne escano dalla loro operosità silenziosa per diventare protagoniste della ripresa? Napolitano, uomo d’altri tempi, sembra delineare anche questa via di uscita dalla crisi, quando indica al Paese figure di donne come esempi di italiani “degni” del nostro destino comune. Non si tratta di contrapporre i maschi indegni alle femmine integerrime. Questo tipo di ragionamento conduce ad una strada sterile. Fa parte di un passato di rivendicazioni che non ci appartiene più. Si tratta piuttosto di riportare l’asse della vita sociale al suo naturale equilibrio. Perché se l’Italia riuscisse finalmente a spostare lo sguardo sulle donne, scoprirebbe un mondo nuovo che si lascia guidare dalla passione, che ama fare bene quello che fa e farlo fino in fondo.
È finito il tempo della rivendicazione femminile perché è iniziato il tempo della responsabilità delle donne. La prima è avere il coraggio di uscire allo scoperto e mettersi in gioco con la stessa sicurezza e forza dei loro compagni di viaggio. La seconda responsabilità è quella di vincere la tentazione di cadere nella competizione, di lasciarsi vincere dalla rivalità che divide, generando invidie e gelosie, e non costruisce. La terza responsabilità è di resistere al degrado del potere che non appartiene alle donne per natura e di mettere piuttosto in campo i valori della collaborazione, della mano tesa all’altro ma anche della professionalità e della rettitudine. Solo così un giorno, speriamo molto presto, potremmo dire e dirlo tutti insieme: che bella l’Italia!