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La diocesi ha festeggiato il primo anniversario dell’ordinazione episcopale del nostro Vescovo Carlo Bresciani

Vescovo Carlo

DIOCESI – Al primo anniversario di un evento come la consacrazione episcopale, che ha cambiato radicalmente la vita del nostro Vescovo Bresciani e che lo ha portato a guidare come pastore la nostra diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, erano presenti tanti fedeli provenienti da tutta la nostra diocesi.
La solenne celebrazione si è tenuta alle ore 17.30 presso la Cattedrale Madonna della Marina ed è stata presieduta proprio dal nostro Vescovo Carlo.

Pro corpore eius   A favore del suo corpo che è la chiesa
La scelta di un motto per il proprio stemma lascia sempre intravvedere quale sia l’orientamento di un vescovo nella sua azione di guida del popolo che gli è affidato.

Ci vuole ovviamente del tempo per verificare quanto e come dell’impegno programmatico espresso nel motto sarà realizzato, ma, già fin dai primi tempi del mandato, ai fedeli più attenti è possibile cogliere alcune tracce di conferma, almeno nelle intenzioni, di un certo percorso.

Anche per il vescovo Carlo Bresciani, ad un anno dalla sua consacrazione episcopale, si può provare a individuare qualche linea di indirizzo nella sua azione pastorale a partire dal motto riportato nel suo stemma in latino –pro corpore eius- che è – la Chiesa.

La citazione paolina è tratta da Filippesi 1,25, ma lo stesso S.Paolo ne svilupperà più ampiamente il senso e il significato nella Prima Lettera ai Corinzi, dove, oltre a porre l’immagine del corpo che indica la Chiesa come realtà viva, sottolinea il legame di questo corpo vivente con il suo capo, che è Cristo, il quale lo guida, lo nutre e lo sostiene.

Il fatto che il vescovo della nostra diocesi, nella sua prima lettera pastorale, affermi esplicitamente di voler mettere in evidenza alcuni aspetti proprio di questa lettera di S. Paolo, traendo da essa alcune piste di riflessione che possano guidare in quella conversione personale e pastorale che la chiesa ci va chiedendo, lascia trasparire la sua particolare consonanza con questo testo e anche un abbastanza preciso intento di seguirne lo spirito.

L’insistenza di S. Paolo sulla necessità che la chiesa non sia ferita da divisioni fra le stesse membra del suo corpo è la medesima con cui il vescovo Carlo, con amorevolezza, ma anche con determinazione, invita i fedeli della sua diocesi a tendere pervicacemente all’unità.

Tutti i suoi interventi, omelie, relazioni, comunicazioni varie, vanno in questa direzione, e ciò è particolarmente valido in un ambiente come quello della nostra diocesi così ricco di parrocchie, conventi, gruppi, associazioni, movimenti, che, però potrebbe correre il rischio di una frammentarietà o di una competitività disgreganti qualora non rimanesse profondamente legato a Cristo, che solo può dare la forza dell’amore che fa la comunione.

Ed ecco allora che nella stessa lettera pastorale il vescovo afferma il suo “no al costituirsi di varie chiesuole” ed esorta i fedeli a riflettere e a domandarsi: “le diverse appartenenze a gruppi, movimenti o anche parrocchie mi aiutano a vivere l’unica e fondamentale appartenenza alla chiesa diocesana e a camminare con essa? Oppure mi chiudo nel mio movimento, nel mio gruppo, nella mia parrocchia e dimentico che, prima di tutto, sono Chiesa diocesana?” Siccome “il corpo di Cristo non può essere diviso dallo spirito di Cristo” è necessario- continua il vescovo- “conformare sempre più il nostro dire e il nostro operare alla carità”, percorrendo insieme il cammino impegnativo verso la comunione, “in cordiale collaborazione tra presbiteri, e tra presbiteri, religiosi e laici” ,anche contribuendo alla “realizzazione di idee e di progetti”, non privilegiando solo i propri personali, ma anche quelli “che provengono dalla parrocchia o dalla diocesi”.

Il direttore dell’Ancora Pietro Pompei: “Ho notato come ogni gruppo, categoria, realtà della diocesi, siano esse di ordine religioso, spirituale o sociale sono state, in questo primo periodo della sua cura episcopale, incontrate dal vescovo, il quale, valorizzando la specificità dei singoli carismi pur senza privilegiarne alcuno, con la sua presenza donata a tutti, ha voluto testimoniare, riassunta nella sua persona, l’unità della Chiesa diocesana.

In tutte le decisioni prese  mi è parso di cogliere l’intensa tensione verso l’unità, che il vescovo vorrebbe pervadesse non solo il suo, ma anche il cuore di tutti i fedeli, e questo  si potrà sviluppare via via in modo più concreto e deciso nella vita della diocesi se vi sarà la disponibilità di ciascuno e di tutti ad accogliere e a mettere in pratica le parole che il Vescovo ha scelto significativamente di pronunciare nel giorno del Corpus Domini, attraversando in processione la città del popolo ormai suo:

La Chiesa come corpo di Cristo si costituisce attorno all’altare della celebrazione. Celebrando insieme, le diverse membra riconoscono di essere Chiesa solo se unite al Capo e nutrite dal suo Corpo e dal suo Sangue che dona vita a tutto il corpo ecclesiale. Ma si è realmente Chiesa solo se ogni membro, insieme al Capo, Cristo, dona se stesso per il bene del corpo intero, quindi anche per il bene delle altre membra. Solo così le diversità di ciascuno diventano arricchimento di tutti.

Osservazione ben precisa che non va presa come supina obbedienza, ma come suggerimento per una crescita equilibrata insieme agli altri.

È in questa consapevolezza che gli Auguri acquistano sostanza svolgendo l’attività di lievito e tutto “a favore del suo corpo, la chiesa” di cui ci dobbiamo sentire membra”.