Esce nel momento sbagliato il nuovo film di Ridley Scott, “Exodus”. Si tratta di una rilettura, in chiave hollywoodiana, del racconto biblico della fuga dall’Egitto guidata da Mosè. Il film è ad alto tasso di spettacolarità: le piaghe d’Egitto, il passaggio del Mar Rosso, le piramidi e le sfingi sono usati come pretesto per alcune scene dal forte impatto visivo.
Nonostante abbia la confezione tipica di un innocuo “popcorn movie” (come vengono chiamati i film da consumare nei centri commerciali fra rumori assordanti e salti sulla sedia), l’ultima opera di Ridley Scott è stata però già messa al bando in Egitto, Emirati Arabi, Qatar, Kuwait e inizialmente anche in Marocco. Un cast troppo occidentale (Mosè è interpretato da Christian Bale e il faraone Ramses da Joel Edgerton), un eccesso di partigianeria per le sorti del popolo di Israele e, soprattutto, una rappresentazione negativa degli egiziani (paragonati ai nazisti di Hitler): sono questi gli elementi che hanno scatenato la censura preventiva da parte della politica e della cultura musulmana. Da qui la decisione di vietarne la distribuzione in alcuni Paesi e, anche, di annunciare alcune azioni di boicottaggio nei Paesi occidentali dove l’uscita del film è prevista per il prossimo 15 gennaio.
Lo scrittore francese Michel Houellebecq ha scritto un romanzo che si intitola “Soumission” (Sottomissione) e che racconta di un futuro distopico dove la Francia sarebbe guidata da un presidente musulmano. Secondo l’autore, la parola “sottomissione” è la traduzione letterale di “islam”. Il romanzo è uscito in Francia il 7 gennaio ed è stato preceduto da una massiccia campagna di informazione sui principali quotidiani europei con una pioggia di commenti autorevoli. Dopo il tragico attentato nella redazione del giornale satirico “Charlie Hebdo” e il suo epilogo così cruento, il romanziere ha deciso di rinunciare alle iniziative di promozione del libro.
L’ultimo numero del giornale satirico colpito dai terroristi era dedicato proprio al romanzo di Houellebecq e uno dei giornalisti uccisi nell’attentato, Bernard Maris, era un grande amico dello scrittore. Dopo l’attentato Houellebecq si sarebbe rifugiato in una località segreta (forse fuori dalla Francia) e ha deciso di sospendere la tournée di presentazione e di rimandare le attività di promozione a data da destinarsi, secondo quanto dichiarato lo scorso 8 gennaio dal suo agente François Samuelson.
In questo contesto, caratterizzato da una forte tensione internazionale e dallo stato di allerta dei servizi di intelligence di tutto il mondo, sarebbe logico aspettarsi una analoga scelta di prudenza da parte dei distributori del film “Exodus”. Il film è stato costruito con intenti squisitamente commerciali. Negli Usa, dopo l’esplosione del filone “religioso” (una serie televisiva americana dedicata alla Bibbia è stata campione di ascolti e di incassi negli ultimi anni), la decisione di Scott di girare un film su un tema biblico era quasi scontata, nonostante che la religione non sia mai stata prioritaria nella sua carriera caratterizzata da film rigorosamente laici come “Blade Runner”, “Thelma e Louise”, “Alien”. Nel 2005 aveva girato “Crociate” (molto negativo nei confronti dei cristiani) e aveva già dimostrato quanto la sua regia fosse poco compatibile con i temi religiosi. “Exodus” lo conferma.
Il timido e riservato Mosè che ci è stato raccontato dalla Bibbia è stato trasformato da Scott in un testosteronico personaggio che sembra uscito da un videogioco sparatutto. Il faraone, più che un dio pagano, sembra il personaggio di un film sulla mafia americana. Anche il rapporto che Mosè ha con Dio, nel film è raccontato con dialoghi improbabili e con una rappresentazione destinata ad urtare la sensibilità religiosa di tutti, musulmani, ebrei e cristiani. La tesi di Scott è superficiale. Il monoteismo, dice il suo film, scatena la violenza dell’uomo contro l’uomo. Secondo Scott, inoltre, la sua opera farebbe esplicito riferimento all’attualità. Con queste premesse e visto cosa è successo a Parigi, sarebbe opportuno consigliare ai distributori di ammettere lo sbaglio e di rinunciare, per il momento, alla distribuzione del film, non solo nei Paesi che ne hanno già vietato la distribuzione ma ovunque nel mondo. Una scelta non commerciale, ma di semplice buon senso antico.
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