Forse i colleghi torinesi del gruppo Fca saranno rimasti un po’ sorpresi nell’apprendere che, nei piani di Marchionne, Melfi diventerà lo stabilimento più grande in Italia, capace di produrre oltre 300mila auto all’anno. Ma Torino non deve temere, perché – nelle parole del manager – si occuperà delle “vetture premium”. L’investimento di 1 miliardo di euro sullo stabilimento lucano sta iniziando a dare i suoi frutti. Il gruppo della famiglia Agnelli, ormai del tutto “globalizzato” con sede sociale in Olanda, sede fiscale a Londra, quartier generale e coordinamento con l’ex-Chrysler rilevata negli Usa, punta sorprendentemente su una delle regioni meridionali più neglette. I piani sono estremamente ambiziosi: attualmente Fca è settima al mondo con 4,6 milioni di auto prodotte ogni anno. Punta a salire a 5 milioni, un balzo di quasi il 10% e Marchionne ha dimostrato, almeno finora, che quando si prefigge un obiettivo è perché ha fatto tutti i suoi calcoli ed è sicuro di raggiungerla. Davanti ha colossi quali Volkswagen (9,9 milioni di auto), Toyota (9,8), General Motors (8), Renault-Nissan (7,9), Hyundai-Kia (7,5), Ford (5,9). A tallonare la nostra ex-Fiat ci sono Honda (4,5), Psa (3,1) e Suzuki (2,9). Uno scontro tra giganti, dove competere significa avere coraggio, guardare a mercati nuovi, puntare su segmenti fantasiosi mentre i nuovi modelli che si annunciano prevedono addirittura, in qualche caso, la guida automatica come gli aerei!
Auguri, quindi, alla Fiat-Fca, auguri ai suoi comparti Ferrari, Maserati, Alfa, tutte ben quotate e con qualità e appeal crescenti. A dare una mano a Marchionne ci sono indubbiamente il Jobs Act, che liberalizza almeno in parte le assunzioni, il calo dell’euro che favorisce le esportazioni, il crollo del costo del petrolio. Ma il grosso del merito sta nel coraggio di aver rischiato. Anche per il bene di quei lavoratori che oggi hanno una piccola speranza in più.