Ma è proprio così necessario condividere tutto tutto tutto con tutti tutti tutti? Anche le foto in tempo reale dalla sala parto? Si comincia postando (o cinguettando) la prima ecografia, in cui è possibile – su indicazione – distinguere nitidamente un fagiolino che potrebbe essere qualsiasi cosa: “È il nostro bambino!”. Poi si continua con le foto della pancia in progress a documentare la crescita del nascituro che si prepara a sbarcare nel vasto mondo. Senza dimenticare le celebrities e le semivip dal nudo premaman in copertina (dove non sempre è prevista l’opzione beneficenza): guardate quanto sono incredibilmente tonica e radiosa in gravidanza. Che le altre mamme in attesa, quelle normali e prive di Photoshop, confrontano le smagliature e i piedi gonfi chiedendosi dov’è Mario Testino quando serve. Infine, dopo un tweet con hashtag a scelta tra #misisonorotteleacque e #epiduralesubito, ecco le prime immagini di un batuffolo grinzoso, indifeso e totalmente inconsapevole di essere finito nei selfie dei genitori. È nato da un minuto ed è già è sotto l’occhio di un obiettivo. Meno male che sotto quello di Dio c’era già prima di nascere…
Una volta le mamme in attesa scrivevano diari della gravidanza da far leggere, forse, molti anni dopo, al protagonista della sceneggiatura: il proprio figlio. Oggi nell’era dell’istant book si vuole dire tutto subito e possibilmente a tutti. Comunicare le belle notizie è sacrosanto, spettacolarizzare l’intimità un po’ meno. Il parto in diretta come in una puntata di reality o di E.R. è una forma di annuncio o di ostentazione? Cento film ci hanno consegnato l’immagine stereotipata e risibile del papà munito di telecamera che inquadra la puerpera sudata, scarmigliata e furente: sorridi tesoro, un po’ meno tirata magari… Ora, va bene la partecipazione emotiva dei padri, il sostegno, il corso preparto e il contare i respiri tra una contrazione e l’altra, ma insomma, trovarsi con Robbie Williams che canta mentre la moglie è in preda ai dolori è partecipazione o esibizionismo? Come consiglia il detto popolare: non è mica il caso di fare tutto ‘sto cinema. Ci sono misteri che meritano silenzio, riserbo, discrezione. Garantiamo che le emozioni sono ugualmente assicurate, anche senza farle correre sulle autostrade dei social network.