DIOCESI – Sabato 24 gennaio al GiovArti di Centobuchi si è svolta un’interessante iniziativa promossa dal gruppo del Mlac della diocesi di San Benedetto. Un’occasione per narrare il lavoro e mettere al centro la persona lavoratore o imprenditore intorno al tema provocatorio “Diritto al lavoro. Opportunità per tutti?!”
In un luogo destinato ai giovani, grazie alla disponibilità e all’attenzione dell’amministrazione comunale, adulti e giovani hanno dialogato partendo dalla visione del lavoro sia dei giovani che degli adulti, che emerge dalla realtà e dalla sua rappresentazione, confrontandosi con esperienze quotidiane. Quella di un giovane lavoratore, Diego, con il suo contratto d’apprendistato che ha raccontato la percezione di ricevere un’attenta formazione da parte dell’azienda come investimento per il futuro, il sentirsi valorizzati è da stimolo per lavorare al meglio e impegnarsi , portando avanti anche gli studi universitari. Alessandra ha raccontato la sua vita lavorativa da donna e da imprenditrice, ricordando che in un’azienda si deve far squadra e non deve mancare l’attenzione a ogni persona, anche se a volte concretizzare questo in iniziative anche innovative, come poteva essere un asilo aziendale, è difficile perché si scontra con l’eccessiva burocratizzazione. Lavorando in campo ortofrutticolo ha sottolineato l’attenzione anche del consumatore quando acquista: un prodotto con un prezzo troppo basso indica che qualcuno non ha ricevuto il giusto compenso altrimenti non si arriva a quei prezzi. Giulio Grazioli, già direttore della pastorale del lavoro, ha raccordato l’esperienza quotidiana narrata alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa partendo dai quattro principi del primato della persona, della solidarietà , del bene comune e della sussidiarietà, che concorrono alla dignità della persona nel lavoro.
Sarebbe dovuto intervenire anche Fabrizio, che ha avviato un’impresa di logistica sul territorio, impegnato principalmente su un lavoro notturno che trova più disponibilità a lavorarci tra i non italiani. Purtroppo però non è potuto essere presente per un serio problema in uno dei suoi capannoni proprio sabato.
Gli stimoli della narrazione hanno acceso un dibattito in sala, dove erano presenti anche Franco Veccia della pastorale del lavoro diocesana e Fernando Palestini della pastorale della cultura, segno di collaborazione nel cammino pastorale diocesano. Tanti gli argomenti emersi: il rapporto tra le generazioni, la difficoltà di vedere la dignità del lavoro in una catena di montaggio, le attese dei , cercare il lavoro che non c’è e accettare certi contratti, il ruolo dei sindacati… “Si sono toccati argomenti interessanti anche se non tutti affrontati! spero si organizzi un altro incontro sugli argomenti lanciati” ha commentato Barbara “incontri come questi vanno però pubblicizzati di più.”
Anche Cristian ha continuato la riflessione al termine dell’incontro, quasi uno sfogo “è stato davvero molto interessante! Si è parlato di lavoro a 360°, delle difficoltà a trovarlo nei giorni nostri, dei lavori che ci sono ma non vogliono esser fatti, del rapporto umano tra imprenditore e lavoratore, e tra gli stessi lavoratori. Io sono uno studente di 26 anni, tempi un po’ rallentati dal portar avanti, insieme allo studio, un lavoretto nello stesso ambito. In un periodo in cui se ne sentono di cotte e di crude sul lavoro, dove la situazione economica non migliora, si è portati a ridimensionare un po’ tutto, a doversi accontentare, se si vuole rimanere nella propria terra. E quasi con un po’ di rabbia ci si domanda se la soluzione ad una situazione così difficile sia andarsene all’estero, quasi che sia un’oasi incontaminata, lontana dalla difficile situazione ora in Italia!” Un ragazzo di 26 anni che comincia a farsi davvero tante domande “si, forse sono io un sognatore perchè pensavo ad un bel lavoro con una bella remunerazione, ma andando avanti vedo che la situazione è tale che, anche trovare un semplice lavoro è diventata l’impresa a cui dobbiamo ambire! Mi domando se questo sia giusto, la mia impressione è che in passato tutto sembrava più facile e possibile, senza dover prendere titoli su titoli di studio. E allora mi domando se davvero questa è la situazione in cui si trova l’Italia; mi domando se è vero che siamo diventati una generazione di “mammoni” “comodoni”, che vogliono trovare tutto, comodo e subito; mi domando se sia la situazione generale non rosea che crea già sfiducia e svogliatezza iniziale nell’intraprendere una strada lavorativa… e tra tutte queste domande si perde l’ago della bussola. E mi chiedo, se un giorno arriverà la fatidica domanda: “E’ arrivato il momento di andare via dall’Italia?”
Le parole conclusive dell’incontro sono state quelle di papa Francesco “non lasciatevi rubare al speranza”, che non si riferisce all’ottimismo, ma a quella speranza che genera il Risorto. Ma quella speranza la si sperimenta e la si vive insieme, solo se insieme siamo il cambiamento e questo ci sarà. È forse per questo che cominciare ad esserlo, questo cambiamento culturale, sociale, ecclesiale, comunitario non è facile e non trova grandi adesioni forse. Provare a parlare, a condividere sui temi del lavoro per avviare processi è l’impegno del Mlac, del cristiano.