Parte della redazione con Teresa Valiani
DIOCESI – Venerdì 23 gennaio la redazione dell’Ancoraonli
“Io e Caino” è il titolo di questo giornale tutto redatto, progettato e ideato tra le… sbarre. Valiani ha spiegato il complesso meccanismo che regola gli accessi nel carcere, i numerosi controlli necessari e, infine, l’incontro con i detenuti.
Poi ha descritto alla redazione dell’Ancora le varie “ali” del carcere: quella dei detenuti comuni (che fanno parte della redazione di Io e Caino) e le altre, quella del “41 bis” inaccessibile perché ospita detenuti ristretti con il cosiddetto “carcere duro”, accusati o colpevoli di reati associativi di genere mafioso, e la zona “filtro”, quella dove risiedono gli accusati di reati di pedofilia, crimini contro i bambini o contro le donne, spiegando che il 41 bis non può collaborare col giornale e che la zona “protetti”, pur non avendo un proprio corso di scrittura giornalistica, collabora saltuariamente,
Poi ha illustrato le varie differenze di istituto di pena. Dall’incontro-d
La cultura quindi, ancora una volta è la strategia vincente per riscattare l’uomo. “Sono emerse storie – ha sottolineato la giornalista – molto forti in cui i detenuti si raccontano senza veli ed è così che emergono le loro ansie, il loro dolore”. La redazione di Io e Caino è stata fortemente voluta dalla direttrice del supercarcere, Lucia Di Feliciantonio, che è anche editore del periodico, e molti agenti penitenziari, di turno nelle ore di lezione, collaborano fattivamente per la buona riuscita delle riunioni. Io e Caino va anche oltre la redazione di un semplice giornale. I detenuti e la stessa Valiani hanno ad esempio decorato l’aula per i colloqui dove vengono ospitati anche i figli dei ristretti, per renderla meno fredda nell’impatto e così ora da’ l’impressione di essere una piccola sala giochi dove i bimbi possono incontrare i loro papà. Emerge il dolore, la caduta della speranza, raccontata dalla giornalista quando i bimbi debbono salutare i padri che restano dentro, la disperazione, la sofferenza. Ci ha colpito quando Valiani ha detto che spesso i figli dei detenuti chiedono ai padri di prendere il cappotto per uscire con loro e con le loro mamme, gli abbracci e le lacrime ogni volta, lo “sciogliersi” in lacrime dei carcerati, anche di quelli che sembrano i più duri. In questo contesto la prese di coscienza del proprio passato e dei propri errori diventano un’opportunità per aprire gli occhi sulla propria esistenza e senz’altro “Io e Caino” contribuisce all’attivarsi di questa dinamica. Tante le problematiche e tanti i bisogni, dal sovraffollament
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