Sta facendo discutere la norma contenuta nel decreto “La buona scuola” annunciata a mezzo stampa dal sottosegretario all’istruzione Davide Faraone, che prevede la valutazione dei docenti da parte degli studenti. Nelle intenzioni di Faraone, in ogni istituto sarà somministrato una sorta di questionario-pagella che gli studenti saranno chiamati a compilare per “giudicare” i docenti affinché un nucleo di valutazione della scuola, in cui sarà presente anche un rappresentante della componente studentesca, possa esprimersi sugli scatti di carriera degli insegnanti.
Rischio “voto di scambio”. Da anni gli studenti chiedono voce in capitolo, non “potere”, ma “partecipazione”. Giulio Anni, segretario nazionale Msac (Movimento studenti di Azione cattolica), spiega: “La proposta del sottosegretario Faraone va nella direzione di una scuola come luogo di vera partecipazione studentesca, il che non può che essere positivo”. Tuttavia, “siamo contrari a un nesso troppo stretto tra merito individuale e scatti stipendiali, che porterebbe nella scuola un clima di competitività estraneo agli ambienti di apprendimento; e sogniamo una scuola in cui il sistema di valutazione, partecipato e costante nel tempo, aiuti a correggere le situazioni di disagio e a premiare quelle di eccellenza. Per questo c’è bisogno del contributo di tutti e gli studenti sono pronti a fare la loro parte”. Il rischio, insomma, è che un professore, vedendo la sua carriera legata al giudizio dei suoi alunni, abbassi la qualità della didattica per raccogliere il loro favore. “La possibilità di dar via a un ‘voto di scambio’ è il motivo per cui la valutazione non deve portare con sé una competizione; il professore potrebbe essere portato ad attribuire dare voti alti, a essere troppo accondiscendenti per veder aumentare la propria valutazione”. In questa fase delicata “è fondamentale prendersi il giusto tempo per riflettere e arrivare a proporre una riforma che sia il più possibile utile ed equilibrata”.
Merito e aggiornamento. Il delegato per la comunicazione del Msc (Movimento studenti cattolici) Martino Merigo, pone l’accento su un altro problema. “Il criterio di autovalutazione delle scuola – spiega – è fine a se stesso se non viene accompagnato da corsi di aggiornamento per i docenti adeguatamente studiati e regolamentati. Da anni, associazioni come l’Aimc (Associazione italiana maestri cattolici) e Uciim (Unione cattolica italiana insegnanti, dirigenti, educatori e formatori) organizzano internamente questi corsi; sarebbe bene decidere una linea comune da far seguire ai docenti di tutti gli istituti”. Il Msc, comunque, vede di buon occhio la proposta di Faraone, perché “è importante che i docenti siano scelti per merito e non per raccomandazione, e l’autovalutazione è un passo nella giusta direzione. Sul ‘come’ si può ancora lavorare, visto che la valutazione dei docenti da parte degli studenti potrebbe inevitabilmente essere influenzata da ‘ripicche’”. “Un buon punto di partenza potrebbe essere una revisione della rappresentanza studentesca all’interno delle scuola, con i rappresentanti di istituto chiamati a valutare nel modo più oggettivo possibile, dopo essersi confrontati con i propri colleghi”.
Serve “riforma organica della scuola”. Restando in ambito cattolico, ad esprimere la voce di insegnanti e dirigenti è Rosalba Candela, presidente nazionale Uciim: “Se l’autovalutazione non si basa su parametri precisi e oggettivi, rischia di essere un bluff. Non si può valutare la qualità dell’insegnamento su parametri come severità, chiarezza di esposizione, ecc. perché sono parametri soggettivi. Un metro di giudizio che tiene conto di puntualità alle lezioni, numero di assenze strategiche, presenza ai corsi di aggiornamento, ecc., invece è attendibile e può stimolare gli insegnanti a fare meglio”. Inoltre, “la valutazione deve essere slegata dagli incentivi economici: pensiamo che sia giusto mantenere il metodo di progressione di carriera per anzianità di servizio. Poi, un insegnante ben ‘valutato’ può avere un ulteriore aumento”. A proposito di genitori, Candela ha un’idea ben precisa: “È una delle categorie che rischia di vedere sempre più ridotta la propria partecipazione attiva alla vita scolastica, perché in assenza di una riforma degli organi collegiali la presenza dei genitori è regolata da leggi obsolete e inadatte”. Conclude con un appello: “Facciamo una riforma organica della scuola. E non facciamola nei palazzi del potere, ma ascoltando le voci di chi la scuola la vive tutti i giorni. Non si può andare a modificare dei pezzetti qua e là e pensare di avere una ‘buona scuola’”.