Portineria C dell’Ilva di Taranto. Nel grande piazzale antistante l’ingresso, da tre settimane sono fermi oltre 300 tir. Giganti della strada che sonnecchiano, come il siderurgico d’altronde, ormai allo stremo delle forze. Le materie prime mancano a causa del blocco delle forniture, alcuni impianti sono fermi e la conferma ufficiale di un buco finanziario da quasi 3 miliardi di euro non alleggerisce certo gli animi. La produzione è ai minimi storici e chi aspetta da mesi di essere pagato, come gli autotrasportatori, gli imprenditori e gli operai dell’indotto, teme, quei soldi, di non vederli mai più. Da Roma, con una serie di emendamenti al decreto legge dello scorso 24 dicembre, il settimo sulla vicenda Ilva, stanno provando a sbloccare la situazione ma i tempi sono lunghi, troppo lunghi per chi ha fame.
Lo sfogo degli autotrasportatori. “Abbiamo ricevuto tante rassicurazioni sulla carta – si sfoga Antonio Merico, tra i portavoce della protesta degli autotrasportatori in sit in permanente – ma a noi servono soldi. Non possiamo ripartire, concretamente, se non arrivano. Non ci fanno più credito per il carburante. Le nostre sono microimprese, che danno lavoro a circa 650 persone. Non paghiamo da mesi i nostri dipendenti, abbiamo contratto debiti, non sappiamo come fare. Il nostro settore ha crediti per circa 50 milioni di euro, dei 150 di tutto l’indotto Ilva. C’è gente che non vede un quattrino da sette mesi. Immaginate che Natale amaro abbiamo fatto. Siamo arrivati all’impossibilità di andare a fare la spesa e non abbiamo diritto ad alcun ammortizzatore sociale. Se la situazione non si sblocca, saremo tutti a spasso. Quando lo Stato ha deciso di farsi carico del problema con il commissariamento, abbiamo tirato un sospiro di sollievo. Pensavamo fosse una garanzia… invece cosa si è fatto in questi anni?”. “Parecchi di noi hanno fatto leasing finanziari, hanno contratto prestiti e adesso si ritrovano prestiti sulle spalle – racconta Francesco Altimare, autotrasportatore – e non possono lavorare neanche con altre aziende, perché quel marchio di cattivo pagatore te lo porti. Sei nella ‘black list’”. “Ci sentiamo doppiamente presi in giro – prosegue Vincenzo Doria, altro autotrasportatore – perché il costo del trasporto è a carico dei clienti dell’Ilva. Questo significa che per la nostra prestazione Ilva è stata pagata ma quei soldi ha ben pensato di non darli ai legittimi proprietari. Sono due anni che ci raccontano aria fritta”.
La solidarietà dell’arcivescovo. Sabato mattina, a sorpresa, l’arcivescovo di Taranto, monsignor Filippo Santoro, si è recato all’esterno dello stabilimento, nel presidio permanente dei lavoratori, per portare la sua vicinanza. “Sono con voi e vi esprimo la mia solidarietà – ha detto, accolto da un applauso – e resto fiducioso che le aziende dell’indotto siano inserite nell’elenco dei fornitori strategici in modo che i loro crediti possano essere onorati al più presto. Interpellerò con ulteriore insistenza il prefetto di Taranto perché vada a interloquire con gli organismi nazionali. Come pastore sento il problema di tutto il contesto e, soprattutto, mi colpisce la difficoltà che le famiglie avvertono”. E circa gli emendamenti all’ultimo ddl sull’Ilva: “Le soluzioni prospettate devono tendere al bene comune in una visione d’insieme e in una unità di intenti, non salvando una parte a spese dell’altra, non difendendo il lavoro a spese della salute e dell’ambiente”.
La situazione attuale. Intanto è stato accertato, anche dal Tribunale fallimentare di Milano, che Ilva non può più far fronte ai debiti contratti. I giudici hanno accolto il ricorso depositato lo scorso 21 gennaio dal commissario straordinario dell’azienda, Piero Gnudi, nell’ambito della procedura di amministrazione straordinaria, sentenziando lo stato d’insolvenza del siderurgico. “Nonostante le articolate misure messe a disposizione del Commissario da interventi legislativi speciali (…) non sussistono né mezzi propri né affidamenti da parte di terzi che consentano di soddisfare regolarmente e con mezzi normali le obbligazioni e di far fronte, contestualmente, all’attuazione degli interventi previsti dal Piano Ambientale approvato con il decreto del presidente del consiglio del 14/3 2014, il ‘salva-Ilva’”, si legge nella sentenza. Ilva “presenta un indebitamento complessivo pari a 2.913.282.282.00 miliardi di euro”, si evince nel documento. Ora varrà la procedura prevista dalla legge Marzano per il salvataggio delle grandi imprese.
Emendamenti al decreto legge “salva-Ilva”. E dalle prossime ore inizia l’esame in Senato degli emendamenti al decreto legge “salva-Ilva” dello scorso 24 dicembre. Tra questi c’è la ridefinizione della lista dei fornitori strategici, con l’inserimento di tutto l’indotto Ilva, tutelato con fondi di garanzia pubblica fino a 24 milioni di euro e poi l’uso delle risorse accantonate da Fintecna, che si aggirano intorno ai 150 milioni di euro, per fornire liquidità all’azienda in amministrazione controllata. Basterà?