L’elezione del Presidente della Repubblica segna, a mio parere, un bel momento della vicenda politica italiana. E questo non soltanto per il consistente numero di voti che Sergio Mattarella ha ottenuto (quasi i due terzi dei votanti) ma soprattutto per lo spessore, per la qualità dell’uomo che è stato eletto come garante della nostra Costituzione. La sua storia personale e politica, le sue scelte da ministro della nostra repubblica sono a testimoniare la profonda serietà del nuovo Capo dello Stato.
Anche il suo discorso in occasione del giuramento ci confermano la bontà della scelta dei “grandi elettori”. Si è definito “arbitro imparziale”, facendo appello ai parlamentari di aiutarlo “con la loro correttezza”. Ha affermato che difendere la Costituzione vuol dire “garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna, in ambienti sicuri”. Ha dichiarato di voler rappresentare l’unità nazionale e difendere i principi costituzionali, “che non possono rischiare di essere intaccati dalla crisi”. Ha rammentato il valore della Resistenza e dell’antifascismo e della lotta alla mafia, nominando Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ha fatto appello alla pace e alla necessità di risposte globali contro il terrorismo internazionale. Ha anche citato il Papa e i suoi severi moniti contro i corrotti.
La scelta di Mattarella, indirettamente risponde pure ai suggerimenti, all’analisi, che Mons. Nunzio Galantino segretario della Conferenza Episcopale Italiana riportava dopo i lavori del Consiglio permanente della CEI della scorsa settimana. Galantino auspicava l’elezione di «un uomo capace di aiutare i governanti a poggiare l’orecchio» sui bisogni concreti della gente al di là del suo essere cattolico (“non è di per se una garanzia”).
Il segretario della Cei ha anche chiesto ai politici a nome dei vescovi più attenzione alla famiglia, «oggi al centro di chiare aggressioni da parte delle lobbies». «Che fine ha fatto il quoziente familiare? Nei lavori parlamentari se ne sono perse le tracce». Eppure la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna è «una realtà garantita dalla Costituzione”.
La speranza è quella che le parole del Presidente della Repubblica e le sollecitazioni provenienti dalla Cei possano trovare terreno fertile e cioè che i nostri politici riconoscano la grandezza e responsabilità del compito che i cittadini hanno loro affidato vivendo la Politica come servizio per il bene di tutti. Penso sia utile ricordare quanto diceva il cardinale Carlo Maria Martini: «La vita politica è la più alta tra le attività umane, quella che cerca di porre in atto le condizioni per il vero bene comune e il vero progresso di tutti».
E Paolo VI affermava: «La politica è la più alta forma di carità». Ed il Concilio Vaticano II, con grande forza profetica, ha detto: «Tutti i cristiani devono prendere coscienza della propria speciale vocazione nella comunità politica; essi devono essere d’esempio sviluppando in se stessi il senso, la responsabilità, e la dedizione al bene comune, così da mostrare con i fatti come possano armonizzarsi l’autorità e la libertà, l’iniziativa personale e la solidarietà di tutto il corpo sociale, la opportuna unità e la proficua diversità. Devono ammettere la legittima molteplicità e diversità di opzioni temporali e rispettare i cittadini, che, anche in gruppo, difendono in maniera onesta il loro punto di vista». (Gaudium et spes n. 75)