“Uno di Noi” va avanti, nonostante lo stop che la Commissione europea ha imposto il 28 maggio scorso, decidendo di non accogliere l’iniziativa di 1.894.693 cittadini europei che chiedevano che l’Europa tutelasse ad ogni livello l’embrione umano. Tutti ricorderanno il senso di disappunto e la delusione per questa decisione negativa della Commissione, dopo che una grande mobilitazione popolare in tutti i 28 Stati dell’Unione aveva consentito di raccogliere oltre 2 milioni di firme. L’Italia era stata in prima fila in questo impegno, totalizzandone oltre 630mila, vale a dire più di un terzo di quelle poi ritenute valide a livello continentale. Ma non ci fu niente da fare: pur di fronte a una mobilitazione popolare senza pari, la Commissione respinse la richiesta. Che fare, si erano chiesti nel Comitato promotore? La risposta è stata unanime e decisa: anzitutto è stata istituita una Federazione europea dei movimenti per la vita dei diversi Paesi che avevano sostenuto “Uno di Noi”. Gli aderenti sono stati 29 e il nome scelto è “Uno di Noi per la vita e la dignità dell’uomo”. Presidente è Jaime Mayor Oreja, spagnolo, già ministro e parlamentare europeo, mentre presidente onorario è Carlo Casini, anche lui ex-parlamentare europeo e presidente del Movimento per la vita italiano. E poi – secondo passaggio – si trattava di ritornare alla carica presso la nuova Commissione europea perché le richieste di un anno fa sono ancora valide e meritano di essere affrontate con serenità a tutti i livelli delle istituzioni comunitarie.
Negata l’identità umana del concepito. Per cogliere la portata etica e culturale dell’iniziativa, occorre anzitutto rifarsi al suo contenuto centrale: con il lancio di “Uno di Noi” s’intendeva ottenere atti legislativi che assicurassero il divieto di finanziamento da parte dell’Europa della distruzione di embrioni umani. “Di fatto l’Europa – diceva il Comitato promotore – da anni, eroga contributi economici ad associazioni internazionali che propagandano l’aborto nel mondo e finanzia progetti di ricerca che esigono la preventiva distruzione di embrioni. Questi finanziamenti presuppongono la negazione dell’identità umana del concepito. Perciò contrastano con le proclamazioni solenni del Trattato di Lisbona e della Carta europea dei diritti fondamentali nelle quali il principio di uguale dignità di ogni essere umano è posto a fondamento dell’Unione”. Fin qui i principi. Ma anche per il risvolto pratico, le cose sono ben chiare: per ammissione della Commissione Ue che aveva dato responso negativo, si ammetteva che la normativa vigente in tema di sperimentazione scientifica consente il finanziamento di progetti che utilizzano embrioni umani; si asseriva che la ricerca sugli embrioni può ottenere risultati considerati “utili”; che “i contributi europei per l’attività che propaganda e attua l’aborto (anche in Paesi extra-Ue) sono coerenti con le indicazioni delle organizzazioni internazionali e hanno lo scopo di difendere la salute e di contrastare l’aborto clandestino”.
Cambiare la legislazione europea vigente. Come spiega Carlo Casini, di fatto “tale posizione non risponde alla questione se il concepito debba o no essere considerato ‘Uno di Noi’, cioè già un essere umano. In secondo luogo non tiene conto che l’iniziativa dei cittadini mirava a integrare o, se necessario, cambiare la legislazione europea vigente, introducendovi il divieto di contribuire, da parte dell’Europa, alla uccisione di embrioni umani”. Secondo Casini “non è dunque una risposta adeguatamente motivata quella che usa come argomento la legislazione vigente”, in quanto “non sfugge all’accusa di ipocrisia, nel campo della ricerca, perché per una impresa che ottiene il finanziamento della ricerca su embrioni poco importa che non sia finanziata la preliminare distruzione degli embrioni”.
Appello a scienziati, medici, giuristi e politici. Cosa farà la neo-nata Federazione? Accanto alla riapertura formale dell’iniziativa, “ingiustamente archiviata dalla Commissione”, l’intento è di svolgere un’azione culturale ed educativa, giovandosi anche del sostegno di categorie di specialisti quali i giuristi, i medici e i politici. Si punta a consegnare una petizione (possibilmente entro il dicembre 2015) che abbia la più grande visibilità, sottoscritta da figure tra le più autorevoli del mondo medico, dei giuristi e dei politici europei, senza trascurare le firme popolari. Per ottenere questo risultato in Italia, il Comitato promotore intende coinvolgere le associazioni di categoria, il Movimento per la vita, Scienza & Vita e numerose altre aggregazioni sensibili a questo tema. Per raccogliere tali firme è stato scritto un “appello agli scienziati, ai medici, ai giuristi e ai politici d’Europa” e i firmatari man mano aderenti saranno coinvolti anche in eventi pubblici, scritti, pronunciamenti. “L’assunto sul quale ben difficilmente si potrà obiettare – spiega Casini – è che è giusto che ogni essere umano, fin dal concepimento, sia qualificato ‘Uno di Noi’, perché è già totalmente uomo o donna, cioè persona. Verso di lui abbiamo quindi un dovere di tutela e di rispetto”. “Alla politica europea – conclude – chiederemo che esprima il riconoscimento della eguale dignità di ogni essere umano, compreso il concepito, e si regoli di conseguenza”.