La dura risposta delle autorità giordane non si è fatta attendere. Dopo aver cercato per settimane di trattare con l’Is uno scambio di prigionieri – il pilota e il reporter giapponese Kenji Goro in cambio della donna kamikaze Sajida al-Rishawi – stamattina l’annuncio dell’impiccagione di alcuni jihadisti tra cui Sajida al-Rishawi e Ziad al-Karbouli. Condanne a morte emesse per rispondere alle pressioni dell’opinione pubblica scioccata dal video. È la violenza che si avvolge su se stessa senza lasciare vie di uscita, la replica simmetrica della vendetta. È la fotografia, scura, di una guerra globale scatenata dal terrorismo di matrice islamica che non lascia fuori niente e nessuno, dall’Iraq alla Siria, dalla Nigeria alla Libia, passando per i Paesi del Golfo, gli Usa, il Pakistan, l’Afghanistan, fino alla Francia e al Belgio nel cuore del Vecchio Continente.
Per evitare che questo rogo divampi ancora di più non basta la risposta militare, come il campo sta ampiamente a dimostrare. Occorre isolarlo attivando altri tipi di risposte sul piano politico, economico, culturale, sociale e religioso. Non sono più ammesse connivenze e complicità e soprattutto rappresaglie dal sapore di vendette.