Di Emanuele Imbrescia
Di Emanuele Imbrescia

Di Salvatore Cernuzio

Torna a parlare di “padri”, Bergoglio nella sua catechesi durante l’Udienza generale di oggi, svoltasi in Aula Paolo VI e non in piazza San Pietro a causa del maltempo. Se lo scorso mercoledì, il Pontefice illustrava le conseguenze negative della “assenza” della figura paterna sugli equilibri familiari, questa volta volge il discorso in positivo e si sofferma sul valore del ruolo del padre.

Un padre presente, attento ai bisogni della sua famiglia, come San Giuseppe “uomo giusto”, il quale, nonostante le difficoltà e l’iniziale tentazione di lasciare Maria, “prese con sé la sua sposa” e compì fino in fondo la sua “missione di padre putativo”.

Il Papa cita quindi le parole di un padre al proprio figlio contenute nel Libro dei Proverbi: «Figlio mio, se il tuo cuore sarà saggio, anche il mio sarà colmo di gioia. Esulterò dentro di me, quando le tue labbra diranno parole rette». “Non si potrebbe esprimere meglio l’orgoglio e la commozione di un padre che riconosce di avere trasmesso al figlio quel che conta davvero nella vita, ossia un cuore saggio”, commenta il Pontefice.

“Questo padre – soggiunge – non dice: ‘Sono fiero di te perché sei proprio uguale a me, perché ripeti le cose che dico e che faccio io’.No! Gli dice qualcosa di ben più importante: ‘Sarò felice ogni volta che ti vedrò agire con saggezza, e sarò commosso ogni volta che ti sentirò parlare con rettitudine”.

Ciò che questo padre dei Proverbi ha voluto lasciare a suo figlio è “l’attitudine a sentire e agire, a parlare e giudicare con saggezza e rettitudine”, perché, dice, “diventasse una cosa tua” e perché “tu potessi essere così”.

“Ti ho insegnato cose che non sapevi, ho corretto errori che non vedevi – prosegue Francesco nella sua appassionata interpretazione -. Ti ho fatto sentire un affetto profondo e insieme discreto, che forse non hai riconosciuto pienamente quando eri giovane e incerto. Ti ho dato una testimonianza di rigore e di fermezza che forse non capivi, quando avresti voluto soltanto complicità e protezione. Ho dovuto io stesso, per primo, mettermi alla prova della saggezza del cuore, e vigilare sugli eccessi del sentimento e del risentimento, per portare il peso delle inevitabili incomprensioni e trovare le parole giuste per farmi capire. Adesso, quando vedo che tu cerchi di essere così con i tuoi figli, e con tutti, mi commuovo. Sono felice di essere tuo padre”.

“È così quello che dice un padre saggio, un padre maturo”, annota il Pontefice. Un padre che “sa bene quanto costa trasmettere questa eredità: quanta vicinanza, quanta dolcezza e quanta fermezza”. Tuttavia è incomparabile la “consolazione” e la “ricompensa” che si riceve “quando i figli rendono onore a questa eredità!”: è “una gioia che riscatta ogni fatica, che supera ogni incomprensione e guarisce ogni ferita”, sottolinea il Santo Padre.

Ma affinché tutto questo si realizzi, è necessario anzitutto che “il padre sia presente nella famiglia. Che sia vicino alla moglie, per condividere tutto, gioie e dolori, fatiche e speranze. E che sia vicino ai figli nella loro crescita: quando giocano e quando si impegnano, quando sono spensierati e quando sono angosciati, quando si esprimono e quando sono taciturni, quando osano e quando hanno paura, quando fanno un passo sbagliato e quando ritrovano la strada”.

Dunque, “padre presente, sempre”, rimarca Bergoglio. Presente che però non significa “controllore”, precisa, “perché i padri troppo controllori annullano i figli, non li lasciano crescere!”. L’esempio supremo è il “Padre che sta nei cieli”, il solo, dice Gesù Cristo, che può essere chiamato veramente “Padre buono”. Poi ci sono altri modelli da seguire, di cui ci parla la Scrittura. Uno è “quella straordinaria parabola chiamata del ‘figlio prodigo’ o meglio del ‘padre misericordioso’” nel Vangelo di Luca, rileva il Papa.

“Quanta dignità e quanta tenerezza nell’attesa di quel padre che sta sulla porta di casa aspettando che il figlio ritorni!”, osserva. Ed esorta i padri ad “essere pazienti”, perché “tante volte non c’è altra cosa da fare che aspettare; pregare e aspettare con pazienza, dolcezza, magnanimità, misericordia”.

“Un buon padre, infatti, sa attendere e sa perdonare, dal profondo del cuore”; allo stesso tempo “sa anche correggere con fermezza: non è un padre debole, arrendevole, sentimentale. Il padre che sa correggere senza avvilire è lo stesso che sa proteggere senza risparmiarsi”. “Una volta – aggiunge Francesco a braccio – ho sentito in una riunione di matrimonio un papà dire: ‘Io alcune volte devo picchiare un po’ i figli … ma mai in faccia per non avvilirli’ … Ha senso della dignità…”.

Vivere la paternità così pienamente tuttavia è impossibile senza “la grazia che viene dal Padre che sta nei cieli”. Qualora essa manchi – avverte il Papa – “i padri perdono coraggio, e abbandonano il campo”. Invece “i figli hanno bisogno di trovare un padre che li aspetta quando ritornano dai loro fallimenti. Faranno di tutto per non ammetterlo, per non darlo a vedere, ma ne hanno bisogno; e il non trovarlo apre in loro ferite difficili da rimarginare”.

Accanto a questi papà c’è sempre una mamma – conclude Papa Francesco – che è la Chiesa, “impegnata a sostenere con tutte le sue forze la presenza buona e generosa dei padri nelle famiglie, perché essi sono per le nuove generazioni custodi e mediatori insostituibili della fede nella bontà, della fede nella giustizia e nella protezione di Dio, come san Giuseppe”.

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