Il romanzo “Il colore prima del blu”
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La fontanella davanti al Pino bar è avara d’acqua e permette solo di bagnarmi le labbra. Lo specchietto di una macchina mi è d’aiuto per sistemarmi i capelli. Mi rendo conto che non ci si presenta così a un appuntamento, ma è sempre meglio che far aspettare una ragazza sotto il sole delle quattro. Anna scivola via dalla strada e mi viene incontro. La accolgo impacciato: troppo curata e profumata per uno come me che ha ancora i panni del lavoro.
‹‹Non dovevamo andare al mare?›› le chiedo.
‹‹Sì, perché?››
‹‹Sei così bella…›› dico. Mi scansa fingendo timidezza ai complimenti.
‹‹E tu? Vieni al mare con la camicia?›› dice ridendo. La tiro a me, mi guardo intorno, non c’è nessuno, la bacio. Lei si scosta, mi fissa negli occhi e riprende a baciarmi.
Ho il costume nello zaino e mi cambio in spiaggia, dentro la barca di Sergio.
‹‹Ti ho insegnato come si rema, ragazzo mio! Vero?››
‹‹Sì!››
‹‹E cosa aspetti allora? Porta questa bella ragazza alle grotte! O ce la porto io?››
‹‹Grazie Sergio,›› dico eccitato.
Anna mi guarda perplessa, forse ha paura, azzarda scuse:
‹‹È sicura questa barca? Guarda qui: ha pure una riparazione bella grossa.››
‹‹Signorina! Questa barca è stata a galla anche con cavalloni di cinque metri. E tu, Miché, cosa aspetti? Spingila in acqua! Vai, vai!›› urla.
La barca oscilla dolce sotto di noi. Il lavoro del remare è leggero. Anna è di fronte a me. Non mi guarda: cerca il sole in faccia per l’abbronzatura. I nostri piedi nudi si sfiorano nel segreto della coperta. Le mie mani sentono il dolore della pelle ferita dal legno del remo, ma non smetto di vogare finché non arriviamo alle grotte. Affido la barca alla corrente del mare. Di tanto in tanto sono costretto a dare qualche colpo di remo per correggere la rotta. Poi abbandono definitivamente il controllo e mi allungo vicino ad Anna. Potrei portarla a vedere le altre insenature, o spingerci dentro la grotta, ma il piacere di stare distesi e lasciarsi cullare dalla marea vince su ogni bellezza del paesaggio.
‹‹Oggi il mare ha un colore particolare, si avvicina al blu, ma non lo è. È il colore prima del blu,›› dice Anna.
‹‹Per me questo è blu! Come sarebbe a dire che è un colore prima del blu?›› Per un istante mi torna in mente mia madre e la sua stramba idea che il mare non ha più colore.
‹‹È un colore che viene prima dell’infinito, prima della felicità. Secondo me siamo destinati al colore prima del blu.››
‹‹Io non ho questo destino! Io non riesco a vedere questo colore. I blu per me sono tutti uguali.››
‹‹Sono sicura che un giorno saprai riconoscerlo anche tu.››
‹‹Se lo dice una pittrice mi fido›› le rispondo con un sorriso.
‹‹Puoi fidarti. Sai che ognuno di noi percepisce il colore in modo diverso? Gli eschimesi, per esempio, conoscono più di sette tipi di bianco,›› mi dice.
‹‹Ci credo! È tutto bianco là.»
‹‹L’attenzione ai dettagli ci salva dalla noia,›› mi risponde seria, poi aggiunge: ‹‹Per riconoscere le varie tonalità di un colore ci vuole allenamento. I colori sono sempre stati lì, siamo noi che dobbiamo imparare a trovare le differenze e le somiglianze. Dobbiamo allenarci a guardare il mondo, se vogliamo scoprirne i segreti.››
‹‹E come dovremmo guardare il mondo?››
‹‹Amandolo un po’ di più, basterebbe metterci in ascolto. Chi ama, ascolta.››
‹‹E se…››
‹‹Schh! Restiamo in silenzio: ascoltiamo il mare›› mi sussurra appoggiando un dito sulle mie labbra.
Le onde ci cullano. Chiudo gli occhi, Anna mi sfiora il viso con una mano. Dopo un po’ le chiedo di spiegarmi i colori. Cambia posizione, si tira leggermente più su. Ci sono tre colori base: magenta, giallo e ciano. Gli altri derivano dall’unione di questi. Almeno così ho capito. Poi dice che in realtà la luce è formata da sette colori e questi, tutti insieme, fanno il bianco. Gli oggetti non assorbono tutti i colori della luce e sono proprio quelli respinti a dare il colore all’oggetto. Ora faccio fatica a seguirla, ma lascio che continui. Mi piace ascoltarla. C’è passione in quello che dice.
‹‹Il bianco è luminoso perché restituisce tutta la luce che riceve. Il nero la trattiene tutta per sé e si parla di assenza di luce.››
‹‹Che strana cosa: se trattieni luce, sei ombra. E se la restituisci, sei luce…›› dico con un bisbiglio. Resta un pensiero sospeso.
Ci addormentiamo, credo. Poi una botta e un urlo mi fanno tirare su di scatto. Dei pipistrelli, a migliaia, escono dalla grotta impauriti e ci passano sopra. La barca ha urtato una roccia. Anna strilla, cerco di tranquillizzarla. Riprendo i remi e ci allontaniamo. Quando tutto è più calmo, Anna comincia a ridere e mi contagia. La vedo felice.
‹‹Quindi hai smesso di pensare a tua madre?›› le chiedo come se stessi continuando un discorso sospeso.
‹‹Non voglio più parlarne. Se è viva e se vive qui, sa di sicuro che sono venuta a cercarla: me lo hai detto tu che in questo paese le notizie si diffondono rapidamente! Forse non vuole conoscermi. Ho sempre pensato che non le è mai importato nulla di me e ora ho la conferma…››
‹‹O forse ha paura…››
‹‹E di cosa? Chi ama non ha paura.››
Si mette vicino a me, appoggia la nuca sul mio petto. Io remo.
‹‹Grazie a te ho bruciato il mio passato. Ora ci sei solo tu, Michele!›› Si gira e mi bacia il petto nudo.
Le dico di sì con un soffio di voce. Sento una stretta allo stomaco: ho paura di essere troppo amato. Sergio il barcaiolo ci aspetta a riva. Non sembra infastidito per il ritardo. Chiedo comunque scusa.
‹‹Non ti preoccupare, Miché! Nessuno sa aspettare come un uomo di mare.››
Dell’incidente però non gli dico nulla.