Non solo “House of Cards” o “Game of Thrones”. La televisione sta letteralmente esplodendo sotto la spinta della proliferazione incontrollata delle serie tv. Nel 2014, negli Usa, sono state mandate in onda 1.715 serie nello spazio del prime time (la sera dopo cena). Di queste, 352 erano prodotti originali e, quindi, trasmessi per la prima volta. Praticamente una nuova serie ogni giorno, senza contare le altre 4 non originali mandate in onda nello stesso momento. Il dato sta preoccupando i critici americani.
“C’è troppa tv”, ha strillato Kevin Fallon su “The Daily Beast” e il suo articolo ha fatto rapidamente il giro del web suscitando commenti di tutti i tipi. “Esiste un registratore con una memoria di un terabyte e un giorno fatto di 745 ore?”, si è chiesto uno dei suoi follower. Solo sui canali via cavo, le serie nuove sono state 199. Nel 2009 erano 87. Nel 2044 erano 45. Nel 1999 erano appena 26. “La progressione è incredibile, si tratta di un incremento del 665%”, ha scritto Joe Adalian su Twitter. “La cosa più inquietante è che sono ancora in onda le serie scritte cinque anni fa ma il numero dei nuovi prodotti è più che raddoppiato in questo periodo. Non siamo ancora riusciti a digerire il ‘nuovo’ di cinque anni fa e stiamo già combattendo con una produzione originale più che raddoppiata”, ha detto un altro critico televisivo. “352 nuove serie nel 2014 significa che sono stati impegnati scrittori, registi e attori per girare 15.840 minuti di nuova tv in un solo anno, artisti e tecnici che adesso andranno in massa a gareggiare per i principali premi del settore. Un vero affollamento”, hanno commentato sui social giornalisti ed esperti. “Così però c’è più varietà e molti artisti di talento che rischiavano di sparire hanno adesso una nuova chance”, ha scritto Fallon nel suo commentatissimo articolo. “Se si sforzano di produrre più ore di buona televisione significa che avremo una maggiore quantità di buona tv da vedere”, ha aggiunto nel tentativo di vedere comunque il lato positivo del fenomeno.
I rischi, però, ci sono e il più insidioso si chiama “binge-watching”, le grandi “abbuffate” di televisione. Si tratta di un fenomeno che viene analizzato con molta attenzione dagli esperti di psicologia. L’abitudine di passare troppo tempo sul divano di casa a guardare la tv (i critici tv Usa chiamano questo tipo di pubblico “coachpotato”, “sacchi di patate”) potrebbe essere il sintomo di una pericolosa depressione. A denunciare questo rischio è arrivato uno studio effettuato dai ricercatori Usa dell’Università di Austin (Texas), su un campione di 316 giovani di età comprese tra i 16 e i 29 anni. Un maggior accumulo di ore trascorse a guardare ininterrottamente i programmi televisivi corrisponde anche a una più accentuata predisposizione alla depressione clinica e all’isolamento, hanno detto i ricercatori. Le persone depresse o prossime a diventarlo sono proprio quelle più inclini al “binge watching”, che quindi è il sintomo di un profondo disagio interiore. I rischi però non sono legati solo alla patologia della depressione. Anche l’affaticamento fisico e i problemi come l’obesità sono in qualche modo da mettere in relazione al “binge-watching”. “Quando la visione ossessiva della tv diventa dilagante, gli spettatori possono iniziare anche a trascurare il proprio lavoro e le relazioni con gli altri”, ha spiegato Yoon Sung Hi, coordinatore della ricerca. “Ciò che accade è che si entra in una sorta di circolo vizioso: guardare la tv ha un effetto sedativo che permette alla persona di stornare i ‘pensieri cattivi’ dalla mente per il tempo in cui guarda i programmi, ma questo tempo si dilata perché chi ha una tendenza depressiva ha anche meno autocontrollo. Tutto ciò porta a un pericoloso isolamento, una vera e propria forma di alienazione”, hanno detto i ricercatori. “Netflix, Hulu, and Amazon nel 2015 spenderanno 6,8 miliardi di dollari per la produzione di nuovi contenuti tv. È molto bello anche se è assolutamente terrificante”, ha scritto Fallon.