“Per essere ‘imitatori di Cristo’ di fronte a un povero o a un malato, non dobbiamo avere paura di guardarlo negli occhi e di avvicinarci con tenerezza e compassione. Se il male è contagioso, lo è anche il bene”. Questo il cuore della catechesi di Papa Francesco nell’Angelus di oggi in piazza San Pietro, al termine della Messa celebrata nella Basilica Vaticana con i 20 nuovi cardinali.
Come nell’omelia di stamane, il Papa ripropone ai fedeli e pellegrini riuniti in piazza la scena di Gesù che guarisce un lebbroso. Un caso “emblematico”, questo, tra le diverse lotte di Gesù “contro ogni specie di male” e “a beneficio dei sofferenti nel corpo e nello spirito”.
La lebbra – spiega infatti il Pontefice – “è una malattia contagiosa e impietosa, che sfigura la persona, e che era simbolo di impurità: il lebbroso doveva stare fuori dai centri abitati e segnalare la sua presenza ai passanti. Era emarginato dalla comunità civile e religiosa. Era come un morto ambulante”.
Francesco evidenzia quindi tre brevi passaggi nell’episodio evangelico di Marco: “l’invocazione del malato, la risposta di Gesù, le conseguenze della guarigione prodigiosa”. Il lebbroso – sottolinea – “supplica Gesù ‘in ginocchio’ e gli dice: ‘Se vuoi, puoi purificarmi’”. Una preghiera “umile e fiduciosa”, a cui Cristo reagisce “con un atteggiamento profondo del suo animo: la compassione, che significa ‘patire-con-l’altro’”.
Questa compassione Gesù la manifesta toccando il malato. Un particolare molto importante – evidenzia il Santo Padre – che dimostra come “la misericordia di Dio supera ogni barriera”. “Egli – rimarca – non si pone a distanza di sicurezza e non agisce per delega, ma si espone direttamente al contagio del nostro male; e così proprio il nostro male diventa il luogo del contatto”.
Soprattutto, si denota come Cristo “non viene a ‘tenere una lezione’ sul dolore”, tantomeno viene “ad eliminare dal mondo la sofferenza e la morte;” piuttosto – afferma Papa Francesco – il Figlio di Dio “viene a prendere su di sé il peso della nostra condizione umana, a portarla fino in fondo, per liberarci in modo radicale e definitivo”.
Gesù, soggiunge, “prende da noi la nostra umanità malata e noi prendiamo da Lui la sua umanità sana e risanante”. E questo ‘miracolo’ si ripete ogni volta che riceviamo con fede un Sacramento, assicura il Papa: “Il Signore Gesù ci ‘tocca’ e ci dona la sua grazia”, specialmente nel Sacramento della Riconciliazione, in cui Egli “ci guarisce dalla lebbra del peccato”.
Allora il messaggio che il Vangelo di oggi vuole offrirci è che, “se vogliamo essere veri discepoli di Gesù, siamo chiamati a diventare, uniti a Lui, strumenti del suo amore misericordioso, superando ogni tipo di emarginazione”, conclude il Papa.
Dopo la preghiera mariana, rivolge poi “un augurio di serenità e di pace” a tutti gli uomini e le donne che nell’Estremo Oriente e in varie parti del mondo si preparano a celebrare il capodanno lunare. “Tali festività – dice – offrono loro la felice occasione di riscoprire e di vivere in modo intenso la fraternità, che è vincolo prezioso della vita familiare e basamento della vita sociale. Questo ritorno annuale alle radici della persona e della famiglia possa aiutare quei Popoli a costruire una società in cui si tessono relazioni interpersonali improntate a rispetto, giustizia e carità”.
Un saluto va poi a tutti i fedeli presenti in piazza San Pietro, in particolare a coloro che sono venuti ad accompagnare i nuovi Cardinali in occasione del Concistoro, come pure ai Paesi che hanno voluto essere presenti all’evento con Delegazioni ufficiali.
Infine, indirizzando un pensiero ai numerosi gruppi scolastici e di catechesi giunti da tante parti d’Italia, Papa Francesco incoraggia “ad essere testimoni gioiosi e coraggiosi di Gesù nella vita di ogni giorno”. Conclude poi con la tradizionale formula: “A tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!”.
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