Tre nomine che rafforzano la Chiesa del Sud-Est asiatico e, più in generale, del più grande continente del mondo. Da ieri, il Myarmar, la Thailandia e il Vietnam hanno un cardinale in più ciascuno: un dato significativo per tre paesi dove il cristianesimo è sempre stato una minoranza, quando non esplicitamente ostacolato o perseguitato.
Un clima di particolare gioia e cordialità ha caratterizzato ieri pomeriggio in Aula Paolo VI, le visite di cortesia a Charles Maung Bo, 66 anni, arcivescovo di Yangon e primo cardinale birmano della storia.
Il porporato è un salesiano e sembra davvero incarnare il carisma dell’allegria che caratterizzava San Giovanni Bosco. Interrogato da ZENIT sull’importanza del bicentenario della nascita del suo fondatore, il cardinale Bo, risponde che “l’esempio di don Bosco per i giovani, con il suo sistema ‘preventivo’, basato sull’amabilità e sulla tenerezza, è molto attuale e va rilanciato e rafforzato”. L’anniversario di don Bosco, rappresenterà quindi l’occasione per “dare enfasi all’educazione dei giovani”. A salutare il porporato birmano, persone di tutta la nazionalità e non solo cattoliche: tra questi spicca un monaco buddhista, tributato da Bo con un caloroso abbraccio.
È l’occasione per domandargli quale sia lo stato della convivenza tra i culti e della libertà religiosa nel suo paese, da poco uscito da una spietata dittatura, durata oltre quarant’anni. “In Myarmar non abbiamo più persecuzione religiosa, anche se in certi casi sopravvivono forme di discriminazione – spiega il porporato -. Ora però speriamo che, con la democrazia, sia pienamente assicurata l’equa tutela di tutte le forme di culto”.
L’auspicio del cardinale Bo è che “con la buona volontà del governo e di tutto il popolo di Myarmar, potremo arrivare alla riconciliazione tra tutti i gruppi etnici, alla pace e al pieno sviluppo”.
Pochi metri, più in là, ai piedi della parte centrale del palco dell’Aula Paolo VI, incontriamo il cardinale Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, arcivescovo di Bangkok. Seduto sui gradini, un gruppo festante di connazionali del neo-porporato – tra cui spiccano alcune donne in abito tradizionale – sventola bandierine thailandesi e intona canti mariani.
“Credo che il Papa abbia voluto un po’ ‘decentralizzare’ la Chiesa, spingerla alle periferie – dichiara a ZENIT il porporato thailandese -. L’Asia è un continente che probabilmente il Santo Padre tiene in grande considerazione, anche perché da noi le religioni hanno ancora grande importanza, rispetto ad altri continenti. Noi cattolici asiatici abbiamo quindi il dovere di rispondere a questo incoraggiamento del Papa”.
Il cardinale Kovithavanij ha quindi descritto la Chiesa thailandese come molto impegnata nelle “opere di carità”: la presenza della Chiesa in questo settore, ha commentato, è “molto sentita”, nonostante l’evangelizzazione in senso stretto vada avanti a piccoli passi. Nelle difficoltà, quindi, il popolo thailandese si rivolge sempre alla Chiesa Cattolica, verso la quale esprime “grande fiducia”, essendo percepita come un ente sempre in grado di “dare risposte insieme agli altri”.
Come la maggior parte dei nuovi porporati, anche Kovithavanij è stato “preso di sorpresa” alla notizia della nomina lo scorso 4 gennaio, da parte di papa Francesco. “Quando l’ho saputo – ha commentato l’arcivescovo di Bangkok – ho detto a Dio che, se quella era la Sua volontà, io avrei dato tutto me stesso, nella speranza che Lui mi donasse il Suo Spirito per fare quello che mi avrebbe chiesto… comunque quella notte non ho dormito!”.
Ordinato presbitero nel 1976, Kovithavanij, 65 anni, ha sempre avuto come unica preoccupazione, quella di essere un “sacerdote semplice” e di “vivere il Vangelo” con i propri “confratelli sacerdoti”. La nomina episcopale, ricevuta nel 2009, al pari della recentissima elevazione al cardinalato, è stata accolta da Kovithavanij come un “sovrappiù che viene da Dio, non dalla mia volontà”.
A completare il quadro dei nuovi porporati del Sud Est asiatico, c’è il 76enne cardinale Pierre Nguyên Văn Nhon, arcivescovo di Hà Nôi. Minuto e vivace, il porporato vietnamita augura buon lavoro a ZENIT, di cui dichiara grande stima, pur preferendo non rilasciare dichiarazioni. “Un giorno come oggi voglio viverlo nella maniera più spirituale possibile”, dichiara sorridendo.
Văn Nhon è il rappresentante di una Chiesa, quella vietnamita, che ha patito una cinquantennale persecuzione comunista e che, ciononostante, oggi si manifesta dinamica e in espansione, forte anche dell’intercessione dal Cielo di numerosi martiri e di autentici eroi della fede: tra questi ultimi, il Servo di Dio Cardinale François Xavier Nguyên Van Thuȃn (1928-2002).