“Abbiate il coraggio di essere felici!”. Per due volte, nel messaggio per la Gmg 2015 che coincide con la domenica delle Palme (29 marzo), Papa Francesco rivolge questa esortazione ai giovani, spiegando che l’aggettivo “beati”, ossia felici, è come un ritornello che ricorda la chiamata del Signore a percorrere con Lui una strada che, nonostante tutte le sfide, è la via della vera felicità. Ma come è possibile proporre oggi ai giovani una strada stretta, tortuosa, tutta in salita, costellata di buche e ostacoli, spacciandola come via per la felicità, quando “le” felicità proposte dal mondo sono ben altre?
Nel messaggio il Papa commenta la sesta beatitudine, “Beati i puri di cuore”, e spiega ai giovani che solo Cristo può soddisfare le loro attese di bontà, felicità e pienezza deluse dalle promesse del mondo. Perché la felicità non basta averla inscritta nella Costituzione, come avviene negli Stati uniti, né può essere garantita dal benessere o dalla cosiddetta “qualità della vita”, come dimostra la Danimarca, considerata “Paese della felicità” e oggi drammaticamente smarrita sotto i riflettori del mondo.
Papa Francesco parla chiaro, come sempre: è l’amore vero a dare la felicità, non le sue tristi caricature proposte da una cultura narcisista e ripiegata sulla ricerca del piacere. Quell’amore “vero, bello e grande” di cui hanno sete i giovani, impegnativo perché richiede fedeltà e responsabilità. Il Papa chiede molto, ma è anche di proposte esigenti che hanno bisogno i ragazzi ai quali occorrerebbe testimoniare che l’amore non è solo emozione: è forza interiore, energia che penetra nelle pieghe più intime, accende il cuore, rompe gli schemi, valica abissi insuperabili e trasforma il mondo. E la vita diventa gioia straripante, anche se apparentemente tranquilla come solo la gioia profonda sa esserlo. Il modello è Gesù; la “Costituzione” il Vangelo.
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