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I 21 cristiani copti uccisi dall’Isis saranno saranno inseriti nel Sinassario, l’equivalente orientale del martirologio romano, una procedura che equivale alla canonizzazione nella Chiesa latina. Il martirio di questi 21 fedeli verrà commemorato l’8 di Amshir del calendario copto (il 15 febbraio del calendario gregoriano, che è anche la festa della Presentazione di Gesù al tempio).

Lo ha annunciato il patriarca della Chiesa copta ortodossa Tawadros II, come riferito dal portale Terrasanta.net. Da parte sua, l’Egitto si è impegnato a versare alle famiglie delle vittime una pensione mensile di 1.500 sterline egiziane (pari a poco più di 172 euro, tenuto conto che il salario minimo nel paese è di 1.200 sterline al mese, cioè circa 138 euro).

I nomi dei 21 egiziani emigrati in Libia, “uccisi perché professavano la fede cristiana” come ha detto Tawadros, sono stati inoltre pubblicati dal settimanale Watani, organo di stampa espressione dei copti del Cairo.

Intanto prosegue la follia omicida dello Stato Islamico. L’ultima provocazione che ha suscitato lo sdegno del mondo è un ennesimo filmato in cui vengono mostrati 21 combattenti curdi in gabbia, che sfilano sui pick up per strada tra la gente nella provincia di Kirkuk. Nel video di 9 minuti, diffuso sabato sera, i terroristi minacciano di decapitare tutti gli ostaggi per poi intervistare gli stessi prigionieri da dietro le sbarre, vestiti con la solita tuta arancione.

Qualche ore fa è poi stata diffusa la notizia di un attacco, rivendicato dall’Isis, alla residenza dell’ambasciatore iraniano Hossein Akbari, a Tripoli. Molti Paesi tra cui l’Italia, sono stati costretti a chiudere temporaneamente le loro sedi diplomatiche in Libia.

Proprio l’Italia, in particolare Roma, è finita nel mirino dei jihadisti dopo l’annuncio del ministro Gentiloni di voler guidare una missione di ristabilimento in Libia. “Con le mani sul grilletto, stiamo arrivando a Roma”, si legge sull’account Twitter dei jihadisti libici, seguite da due foto: la prima che ritrae un combattente armato, davanti al mare, che guarda il Colosseo sullo sfondo. Sul monumento sventola la bandiera nera di al Baghdadi. Una scritta recita che “l’Isis dalla Libia sta arrivando a Roma”. Nella seconda invece è disegnato il gasdotto Greenstream che da Wafa in Libia arriva a Gela, in Sicilia, una delle principali linee di rifornimento energetico dell’Italia.

“Le onde ancora ci separano, ma questo è un mare piccolo, è una promessa al nostro Profeta”, minaccia poi il comunicato allegato ai nuovi proclami Isis: “State attenti, ogni stupido passo vi costerà caro. Ogni stupido passo incendierà tutto il Mediterraneo”. E ancora: “Siete i cani da guardia” dei Paesi arabi, con riferimento a punizioni e torture.

Nonostante le minaccie, la notte scorsa, la Turchia ha effettuato un blitza 35 chilometri all’interno della Siria, per riportare in patria il feretro di Suleyman Shah, nonno del fondatore dell’impero ottomano, e per far evacuare i 40 soldati turchi di guardia alla tomba che si trovava in un’area considerata una enclave turca, ma ora controllata dall’Isis. Il complesso è quindi stato distrutto per evitare che venisse occupato dai miliziani integralisti.

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