L’arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia, concede – per il periodo della prossima Ostensione della Sindone (19 aprile – 24 giugno 2015) – “a tutti i sacerdoti, sia diocesani o extradiocesani, sia membri di istituti di vita consacrata o di società di vita apostolica, che siano regolarmente abilitati a ricevere le confessioni dei fedeli per l’intero territorio dell’arcidiocesi di Torino, la facoltà di rimettere nell’atto della confessione sacramentale la scomunica non dichiarata relativa all’aborto procurato senza l’onere del ricorso a favore specialmente di quanti programmano il proprio pellegrinaggio alla Santa Sindone”. Tale concessione viene stabilita con un decreto firmato dall’arcivescovo lo scorso 18 febbraio. “Nell’uso di tale facoltà – si legge nel documento – i sacerdoti delegati, ricordando che essi svolgono ‘un compito ad un tempo di giudice e di medico’ e che sono ‘ministri contemporaneamente della divina giustizia e misericordia, così da dover provvedere all’onore divino e alla salvezza delle anime’ (can. 978 §1), sappiano anzitutto consolare chi è angosciato ricordando che, qualunque cosa il cuore rimproveri, Dio è più grande del cuore dell’uomo e conosce ogni cosa (cfr. 1 Gv 3, 20) e, dopo aver istruito i penitenti circa la gravità di questo peccato, verifichino attentamente se sono realmente incorsi nella censura (cfr. can. 1324 circa le attenuanti) e, nel caso, impongano penitenze sacramentali tali da favorire il più possibile una stabile conversione”. (segue)
A titolo di esempio, scrive l’arcivescovo, “come penitenza sacramentale, suggerisco anzitutto di implorare l’indispensabile aiuto di Dio con qualche impegno di preghiera, quale potrebbe essere la partecipazione alla Messa – oltre che festiva – anche in un giorno feriale per un periodo di tempo da determinarsi volta per volta, secondo le concrete possibilità del penitente”. Inoltre “propongo di sostenere un Centro di accoglienza alla vita oppure opere che mirano al bene dei piccoli, senza escludere all’occorrenza di offrire – a quanti fossero intenzionati a ricorrere all’aborto – sia il consiglio retto per affrontare una maternità non desiderata sia anche, quando possibile, l’aiuto materiale”. Con questo, precisa l’arcivescovo, “non si intende escludere che la soddisfazione possa limitarsi alla preghiera, ma piuttosto sottolineare che l’indirizzo della Chiesa è per una penitenza più direttamente correttiva del disordine compiuto e quindi costruttiva del bene corrispondente”. (segue)
Monsignor Nosiglia invita “i sacerdoti confessori a riferirsi con particolare diligenza a quanto proposto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nell’Istruzione ‘Donum vitae’ (22 febbraio 1987) nonché alle indicazioni proposte dai vescovi italiani nell’Istruzione pastorale ‘La comunità cristiana e l’accoglienza della vita nascente’ (8 dicembre 1978) e dai vescovi piemontesi nella Nota pastorale sulla condotta del confessore con i colpevoli di aborto (in RDTo 57 [1979], 95-99), valorizzando particolarmente le riflessioni proposte dal Papa Giovanni Paolo II ai nn. 58-63 della Lettera Enciclica ‘Evangelium vitae’ (25 marzo 1995), con i toccanti accenni espliciti ivi rivolti alle donne che hanno fatto ricorso all’aborto (n. 99)”. Tale concessione, conclude l’arcivescovo, “favorisca l’esperienza della Redenzione, operata da Cristo Gesù mediante la sua morte e risurrezione, che la Chiesa professa e proclama”.
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