A titolo di esempio, scrive l’arcivescovo, “come penitenza sacramentale, suggerisco anzitutto di implorare l’indispensabile aiuto di Dio con qualche impegno di preghiera, quale potrebbe essere la partecipazione alla Messa – oltre che festiva – anche in un giorno feriale per un periodo di tempo da determinarsi volta per volta, secondo le concrete possibilità del penitente”. Inoltre “propongo di sostenere un Centro di accoglienza alla vita oppure opere che mirano al bene dei piccoli, senza escludere all’occorrenza di offrire – a quanti fossero intenzionati a ricorrere all’aborto – sia il consiglio retto per affrontare una maternità non desiderata sia anche, quando possibile, l’aiuto materiale”. Con questo, precisa l’arcivescovo, “non si intende escludere che la soddisfazione possa limitarsi alla preghiera, ma piuttosto sottolineare che l’indirizzo della Chiesa è per una penitenza più direttamente correttiva del disordine compiuto e quindi costruttiva del bene corrispondente”. (segue)
Monsignor Nosiglia invita “i sacerdoti confessori a riferirsi con particolare diligenza a quanto proposto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nell’Istruzione ‘Donum vitae’ (22 febbraio 1987) nonché alle indicazioni proposte dai vescovi italiani nell’Istruzione pastorale ‘La comunità cristiana e l’accoglienza della vita nascente’ (8 dicembre 1978) e dai vescovi piemontesi nella Nota pastorale sulla condotta del confessore con i colpevoli di aborto (in RDTo 57 [1979], 95-99), valorizzando particolarmente le riflessioni proposte dal Papa Giovanni Paolo II ai nn. 58-63 della Lettera Enciclica ‘Evangelium vitae’ (25 marzo 1995), con i toccanti accenni espliciti ivi rivolti alle donne che hanno fatto ricorso all’aborto (n. 99)”. Tale concessione, conclude l’arcivescovo, “favorisca l’esperienza della Redenzione, operata da Cristo Gesù mediante la sua morte e risurrezione, che la Chiesa professa e proclama”.