L’Iniziativa dei cittadini europei funziona oppure no? È possibile, ed eventualmente in quale misura, migliorare questo strumento di partecipazione democratica a livello Ue? Sono questi gli interrogativi che saranno posti al centro di un’audizione pubblica in programma giovedì 26 febbraio nella sede dell’Europarlamento a Bruxelles. Tra i relatori figurano rappresentanti delle istituzioni comunitarie, giuristi, promotori di iniziative andate a buon fine o meno. Manca, tuttavia, un rappresentante dell’iniziativa “Uno di noi”, presentata ufficialmente alla Commissione europea giusto un anno fa, il 28 febbraio 2014, corredata di un milione e 700mila firme e volta alla “protezione giuridica della dignità, del diritto alla vita e dell’integrità di ogni essere umano fin dal concepimento nelle aree di competenza Ue”. Sarà invece presente, ma invitato come ex presidente della commissione affari costituzionali (Afco) del Parlamento Ue, il giurista Carlo Casini, uno degli ispiratori dell’iniziativa pro-life.
La voce dei cittadini. L’Iniziativa dei cittadini (European citizens’ initiative, Eci) è un “diritto costituzionale” in sede comunitaria, introdotta dal Trattato di Lisbona in vigore dal 2009. Il suo funzionamento è organizzato in base al Regolamento attuativo del 16 febbraio 2011 che all’articolo 22 prevede una “clausola di revisione”: “Entro il 1° aprile 2015, e successivamente ogni tre anni, la Commissione trasmette al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sull’applicazione del presente regolamento”. L’Eci – è la definizione – “costituisce un invito rivolto alla Commissione europea perché proponga un atto legislativo su questioni per le quali l’Ue ha la competenza di legiferare”. Un’iniziativa, esplicitamente creata per dare voce ai cittadini nei processi legislativi europei, può essere lanciata da un comitato promotore e deve raccogliere almeno un milione di firme di cittadini di almeno 7 dei 28 Stati membri. Se si raggiunge il milione di firme, la Commissione esamina entro 3 mesi il contenuto delle proposte, incontra gli organizzatori “per consentire loro di esporre in dettaglio le tematiche sollevate” dalla Eci; nel frattempo viene organizzata un’audizione pubblica presso il Parlamento europeo. Infine la Commissione “adotta una risposta formale in cui illustra le eventuali azioni che intende proporre a seguito dell’iniziativa dei cittadini e le sue motivazioni per agire o meno in tale senso”. Dunque la Commissione, secondo quanto stabilito dal Trattato, “non ha l’obbligo di proporre un atto normativo a seguito di un’iniziativa”. Se invece ritiene di farlo, saranno poi il legislatore (ovvero Parlamento e Consiglio Ue) a intraprendere la normale procedura legislativa, la quale, se adottata, entrerà in vigore e sarà valida in tutta l’Unione.
Lo stop a “Uno di noi”. La seduta pubblica del 26 febbraio è dunque un’occasione per riflettere su vari aspetti dell’Iniziativa. Anzitutto su quelli concreti, perché da quando l’Eci è entrata effettivamente in funzione, il 1° aprile 2012, ha messo in luce diverse difficoltà procedurali: la raccolta e certificazione delle firme, ad esempio, anche nella sua modalità on-line; taluni aspetti “burocratici” legati alla presentazione dell’Eci; il non sempre agevole rapporto tra comitati promotori e uffici della Commissione. Non meno rilevanti sono apparsi gli aspetti legati all’assoluto “potere discrezionale” affidato alla Commissione circa il seguito da dare all’iniziativa una volta che un milione di cittadini hanno bussato alle porte delle istituzioni di Bruxelles. I promotori di “Uno di noi” ricordano ancora lo smacco ricevuto il 28 maggio 2014, all’indomani del voto per il rinnovo dell’Europarlamento, quando la Commissione decise di non dar seguito all’iniziativa che aveva suscitato tanto interesse in Europa, mobilitando milioni di persone, comitati locali e nazionali, favorendo dibattiti e prese di posizione sul tema della difesa della vita nell’ambito dell’azione politica dell’Unione (ricerca su cellule embrionali, cooperazione allo sviluppo e politiche di pianificazione familiare).
Testimonianze ed esperti. Il “public hearing” a Bruxelles costituisce una tappa del lavoro che la commissione affari costituzionali, assieme alla commissione petizioni (Peti), sta svolgendo per poi fornire alla Commissione Juncker un parere – che richiederà l’avallo dell’emiciclo – sulla revisione dell’Eci, da far entrare in vigore dal 2016. I lavori (ore 9/12.30) saranno presentati da Danuta Hübner, eurodeputata presidente della commissione Afco; quindi una introduzione di Cecilia Wilkström, presidente Peti. Poi l’atteso intervento di Frans Timmermans, primo vice presidente della Commissione europea. A seguire numerosi docenti di materie giuridiche (università di Parigi, Budapest, Lussemburgo) e altre voci istituzionali e di esperti (fra cui Casini); infine i rappresentanti di una iniziativa “di successo” (“Right to water”), di una fallita e una respinta. Il rapporto dell’Europarlamento sarà infine trasmesso alla Commissione nelle prossime settimane.