“Messicanizzazione”. Usa uno dei suoi soliti neologismi Papa Francesco per definire i pericoli che corre l’Argentina di fronte alla situazione di violenza in molti luoghi del paese e all’aumento crescente del consumo e traffico di droghe.
Il Pontefice ne discute in una email inviata nei giorni scorsi al suo amico argentino Gustavo Vera, fondatore e dirigente della Ong “La Alameda”, che ha causato notevole impressione e non poche polemiche, specie in Messico.
La email del Pontefice giunge in risposta alla precedente lettera inviata da Vera, il quale sfogava all’amico Bergoglio la sua preoccupazione per la “crescita senza tregua del narcotraffico” e lo informava delle prossime denunce che la sua Ong sta preparando, con l’aiuto di numerosi esperti e operatori pastorali.
Secondo rapporti ONU, sembra infatti che l’Argentina abbia raggiunto gli Stati Uniti nel consumo di droga, guadagnandosi anche il primo posto come paese consumatore di cocaina nel Sud America (in una fascia di popolazione dai 15 ai 65 anni), seguito da Cile, Uruguay e Colombia.
Francesco risponde quindi incoraggiando il lavoro “inesauribile” di Vera e della sua fondazione, che – dice – “vedo marciare a tutto vapore”. Poi aggiunge: “Siamo in tempo per evitare la messicanizzazione. Mentre ero a colloquio con alcuni vescovi messicani la cosa mi ha messo paura…”.
“Chiedo a Dio che ti protegga così come a tutti gli alamedenses”, scrive ancora il Papa, spiegando al conterraneo che, in questa settimana sarebbe stato impegnato ad Ariccia per gli Esercizi Spirituali con la Curia Romana. “Una settimana di preghiera e meditazione che mi farà bene”, afferma. Poi conclude: “Ti auguro tante cose. Saluti a tua madre. E, per favore, non dimenticate di pregare per me”.
Secondo la stampa locale – citata dal sito Il Sismografo, che ha diffuso anche una traduzione del breve testo in spagnolo del Papa – il messaggio di Francesco è stato inviato sabato 21 febbraio “in risposta ad un’altra mail inviata in Vaticano dal legislatore” del raggruppamento Bien Comun.
Sempre in Vaticano, sembra che giungerà presto dal Messico una nota di protesta per questo commento sulla “messicanizzazione” dell’Argentina da parte del Pontefice. Il segretario agli Esteri, Josè Antonio Meade, ha voluto infatti sottolineare che il Paese “ha ripetutamente dimostrato il suo impegno a combattere” tali crimini. E, in riferimento alle parole del Papa, ha chiosato: “Ci sono cose più produttive da fare che cercare di stigmatizzare il Messico”.
Non dimentichiamo, però, che prima di Bergoglio, già l’intero Episcopato messicano aveva denunciato la situazione nel paese in un documento congiunto diffuso il 17 febbraio scorso. Il titolo è eloquente: “Alto a los corruptos (Stop ai corrotti)”. E nella nota, i presuli offrono ai fedeli del paese e del mondo un’analisi cruda e sincera di come la piaga della corruzione stia divorando il Messico e la sua popolazione. Essa “entrando nelle strutture di servizio pubblico, si trasforma in crimine organizzato”, scrivono i vescovi, “provoca innumerevoli mali e mette a rischio la fiducia, valore fondamentale per la convivenza pacifica e per il progresso”.
Tra i mali citati dalla Conferenza Episcopale ci sono appunto quello della violenza e del narcotraffico, che vanno diffondendosi sempre più a macchia d’olio in diverse parti del paese, sotto lo sguardo impassibile delle autorità.
Le stesse che adesso sembrano infastidite dalle parole di Francesco.
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