Questo pone un duplice problema: di tipo appunto fiscale, ma anche di concorrenza sleale verso gli altri player nazionali. Che le tasse le pagano, e che quindi lavorano ad handicap rispetto a chi lascia appena le briciole laddove rastrella buona parte del mercato, in questo caso pubblicitario.
Ma Google è una potenza mondiale, pesa come uno Stato senza alcun fardello statale da trascinarsi appresso. Potrebbe fare – e finora l’ha fatto – il bello e il cattivo tempo sfruttando tutte le opportunità che ci sono in giro per il mondo: paradisi fiscali, basse tassazioni ad hoc, norme agevolate, caroselli di fatture… Ha deciso però che non è il caso di mettersi contro tutti, non fa bene agli affari né alla propria immagine. Meglio trattare, e così è stato.
Fisco italiano e multinazionale americana si sono seduti ad un tavolo e stanno ragionando su come mettersi d’accordo: ne guadagnerebbero tutti, soprattutto lo Stato italiano che doveva bloccare in ogni modo questa continua emorragia di risorse fiscali frutto della globalizzazione dell’economia.