“Non è un caso che a Tunisi sono stati aggrediti il Parlamento e un museo, cioè la democrazia e la cultura”. Sono parole di Sergio Mattarella, il presidente della Repubblica, in un’intervista concessa alla giornalista Christiane Amanpour, per la Cnn. Nelle parole del Capo dello Stato che ha ribadito la volontà dell’Italia di contrapporsi all’Isis, “un nemico della civiltà e della democrazia” che va affrontato con urgenza, leggiamo una chiave interpretativa anche del nostro presente.
Non sarebbe male se i cittadini del mondo libero si esercitassero sempre in un esercizio critico e responsabile di valutazione delle aggressioni alla democrazia e alla cultura, anche all’interno dei propri Paesi. Un esercizio che forse riserverebbe qualche brutta sorpresa, certamente utile per innalzare il livello della partecipazione responsabile. Con tanta faciloneria, in troppi abbiamo dato per scontato il bene della democrazia. Così come, con altrettanta leggerezza, abbiamo certificato che la cultura nel nostro Paese è in salvo e garantita. Noi crediamo che ancora molto resti da fare, su un versante e sull’altro. E avvedersi dei passi indietro ha un valore essenziale di prevenzione.
Sul fronte della democrazia, ad esempio, dovremmo interrogarci sulla distanza fra democrazia formale e sostanziale. Basti pensare alla enormi difficoltà dei poveri e delle classi disagiate nel conquistarsi oggi il pane quotidiano. E sul fronte della cultura allo spreco di umanità che si consuma nelle nostre scuole e nelle nostre povere università.
Direte: cosa c’entra con l’Isis? C’entra, eccome che c’entra…
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