DIOCESI – Ho appena letto un articolo interessante di Lucia Annunziata sull’Huffington Post dal significativo titolo: “La solitudine di Francesco, il silenzio della sinistra sui cristiani” leggi l’articolo, clicca qui.
La giornalista, atea dichiarata, mostra la sua tristezza e meraviglia nell’assistere al silenzio dell’opinione pubblica ed in particolare della “Sinistra” con la S maiuscola come la descrive lei, di fronte al più terribile dei crimini perpetrati oggi contro i più deboli, la strage dei cristiani a cui stiamo assistendo inermi in tante parti del mondo. Le sue osservazioni mi sembrano molto opportune soprattutto se ripensiamo al forte eco che le stragi di Charlie Hebdo in Francia e poi del Museo del Bardo in Tunisia hanno suscitato nell’opinione pubblica occidentale.
Eppure quotidianamente si perpetrano nei confronti dei cristiani tanti crimini orrendi ed esecuzioni anche di massa (come la recente strage di Garissa in Kenia con l’uccisione di 148 studenti cristiani da parte delle milizie islamiche) e l’opinione pubblica occidentale sembra tacere.
Come mai avviene tutto questo? E’ purtroppo ancora vero oggi che l’Africa (tranne le regioni sahariane) non fa notizia e le tante guerre locali non arrivano quasi mai sui nostri giornali e sui nostri mezzi di comunicazione.
Ma è anche vero purtroppo che il silenzio dei responsabili delle Nazioni Occidentali rispetto a quanto avviene in diverse parti del mondo è assordante; dettato da logiche politiche, dalla paura che la difesa dei cristiani possa accendere altre micce nel duro scontro di civiltà a cui spesso assistiamo e fomentare i tanti razzismi che anche nel nostro paese emergono contro le altre religioni. Eppure non si dovrebbe avere paura di dire la verità e di difendere i diritti dei più deboli ed emarginati (e questo a prescindere dalla razza e dalla religione professata) in tutte le situazioni dove essi sono calpestati ed umiliati. In questo senso papa Francesco è rimasta spesso l’unica voce a difendere i più deboli, siano essi i tanti immigrati che fuggono da guerre e miserie, i cristiani martiri di oggi, i giovani senza futuro delle nostre metropoli.
Non si tratta chiaramente di volere altre guerre di religione che per troppo tempo hanno oscurato nei secoli le varie civiltà e dalle quali anche noi cristiani non siamo estranei, quanto piuttosto dal comprendere che soltanto una comunità internazionale unita nella difesa dei diritti dei più deboli, a prescindere da interessi di natura economica, è la sola strada per un mondo pacificato.
“I cristiani sono i martiri di oggi, possiamo dire che sono più numerosi dei primi secoli”, ha detto Francesco dopo la recita del regina Coeli. “Saluto cordialmente tutti voi, cari pellegrini venuti dall’Italia e da varie parti del mondo per partecipare a questo momento di preghiera. In particolare, sono lieto di accogliere la delegazione del Movimento Shalom, che è arrivata all’ultima tappa della staffetta solidale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle persecuzioni dei cristiani nel mondo. Il vostro itinerario sulle strade è finito, ma deve continuare da parte di tutti il cammino spirituale di preghiera intensa, di partecipazione concreta e di aiuto tangibile in difesa e protezione dei nostri fratelli e delle nostre sorelle, perseguitati, esiliati, uccisi per il solo fatto di essere cristiani”.
Il Papa ha poi lanciato poi un monito al mondo politico: “Auspico la Comunità Internazionale non assista muta e inerte di fronte a tale inaccettabile crimine, che costituisce una preoccupante deriva dei diritti umani più elementari. I cristiani sono perseguitati, esiliati, uccisi, decapitati per il solo fatto di essere cristiani”.
Sulle parole del Papa è poi intervenuto il segretario della Cei, monsignor Nunzio Galantino: “L’appello del Papa non incita allo ‘scontro di civiltà’ e neanche si adegua al mutismo e al linguaggio felpato delle diplomazie internazionali. Chiama per nome le cose senza incitare alla ‘guerra santa’, magari travestita da inconfessati interessi occidentali”. “Le parole di Francesco”, ha sottolineato Galantino, “fotografano la condizione di un mondo che ha assistito attonito alla tragedia del campus universitario di Garissa con il martirio di 148 giovani cristiani”.