A suggellare l’importanza di questo evento – già di per sé di portata storica – è il messaggio inviato dal Papa, e letto dal cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, all’apertura del summit di Panama. Era stato proprio Bergoglio, infatti, il principale “sponsor” del percorso di riavvicinamento tra Washington e L’Avana: la mediazione del primo Papa latinoamericano della storia ha avuto un ruolo chiave, come riconosciuto sia da Obama sia da Castro dopo lo storico annuncio della svolta lo scorso 17 dicembre.
“Non basta aspettare che i poveri raccolgano le briciole dai tavoli dei ricchi”, si legge nel messaggio scritto in spagnolo e letto nella stessa lingua da Parolin alla presenza di 33 leader americani. “L’iniquità e l’ingiusta distribuzione delle risorse è fonte di conflitto e di violenza tra i popoli”, ribadisce Bergoglio, secondo il quale “la grande sfida del mondo è la globalizzazione della solidarietà e fraternità invece della globalizzazione della discriminazione e l’indifferenza”. “Nessun essere umano dovrebbe essere escluso” da “beni di base” come “la terra, il lavoro e la casa” e da servizi pubblici come “la salute, l’educazione, la sicurezza e l’ambiente”, scrive ancora il Papa denunciando le “scandalose differenze” all’interno di tanti Paesi, “in particolare nelle zone indigene, rurali e nei sobborghi delle grandi città”. È la “cultura dello scarto”, stigmatizzata da Bergoglio fin dall’inizio del pontificato.
Obama e Castro non si stringevano la mano dal 2013, quando si incontrarono al funerale di Nelson Mandela in Sudafrica. A Panama, seguendo l’alfabeto spagnolo che vede gli Usa come Estato Unidos, siedono in seconda fila a soli due posti di distanza. Oggi, questa distanza si è ulteriormente accorciata.