“Misericordiae Vultus”. Le prime parole dei principali documenti papali indicano significativamente l’obiettivo principale del testo, il suo cuore. Così è per la Bolla d’indizione del Giubileo straordinario della misericordia “Misericordiae Vultus” (“Il volto della misericordia”). Tema, questo, caro a Papa Francesco, che nei suoi due anni di Pontificato vi si è soffermato in diverse occasioni. Basta ricordare le parole pronunciate nel primo Angelus dopo la sua elezione il 17 marzo 2013: “Sentire misericordia, questa parola cambia tutto. È il meglio che noi possiamo sentire: cambia il mondo. Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto. Abbiamo bisogno di capire bene questa misericordia di Dio, questo Padre misericordioso che ha tanta pazienza”.
La misericordia è certamente un elemento centrale dell’esperienza personale e spirituale di Francesco. Come egli stesso ha raccontato il 18 maggio 2013, durante la Veglia di Pentecoste con i movimenti: percependo la vocazione al sacerdozio per la prima volta il 21 settembre 1953, festa di san Matteo apostolo, ha sperimentato il balsamo della misericordia su di sé e può testimoniare che lo sguardo di Gesù cambia la vita. Si comprende così anche la scelta del motto episcopale di Bergoglio: “Miserando atque eligendo”. Si tratta di una citazione presa dalle omelie di san Beda il venerabile, che potrebbe essere tradotta “Con occhi di misericordia”.
Il volto e gli occhi della misericordia, dunque. Papa Francesco non parla di qualcosa di astratto, ma di concreto e visibile. Gli occhi e il volto, infatti, comunicano tutto di una persona, la sua intimità, i suoi segreti… E così è per la misericordia. Il Pontefice introduce tutti, credenti e non credenti, nel grande e, forse, incomprensibile mistero della fede cristiana. La misericordia, scrive Francesco nella Bolla, “è la via che unisce Dio e l’uomo, perché apre il cuore alla speranza di essere amati per sempre nonostante il limite del nostro peccato”.
Parlando della centralità della misericordia, Francesco si pone nella grande tradizione della Chiesa. Scritture e testi liturgici sottolineano come l’onnipotenza di Dio sia tutta concentrata nel suo essere misericordioso. Non solo… Nella Bolla il Papa ricorda quanto affermato, in anni e contesti diversi, da Giovanni XXIII, Paolo VI e Giovanni Paolo II che al tema della misericordia ha dedicato la sua seconda Enciclica “Dives in misericordia”. Volendo sintetizzare, si può dire che c’è un filo che accomuna gli insegnamenti dei tre Pontefici: la misericordia è il più bello di tutti gli attributi di Dio e la Chiesa non può prescindere dall’annuncio dell’amore misericordioso e compassionevole. Si comprende, quindi, quanto sia importante per Francesco l’indizione di questo Anno Santo straordinario, da non considerare affatto un evento eccezionale e isolato nell’arco temporale. La straordinarietà del Giubileo va tradotta, nella sua essenza, nell’ordinarietà della vita di ogni giorno. Solo così si potrà vivere la tenerezza del perdono e dell’abbraccio amoroso. In che modo? A indicare la strada è sempre la Bolla, che oltre a fissare i tempi, con le date di apertura e di chiusura, e le modalità principali di svolgimento del Giubileo, esplicita lo spirito per cui è stato indetto, le intenzioni e i frutti sperati dal Santo Padre. Lo spirito emerge dal motto scelto che suona come un invito: “Misericordiosi come il Padre”. Le intenzioni e i frutti si possono cogliere almeno in tre diverse dimensioni, che ogni Giubileo – e questo in modo particolare – coinvolge.
La dimensione ecclesiale, anzitutto. Qui sono tanti i gesti e i simboli chiamati in causa: dall’apertura della Porta Santa, da vivere anche in ogni Chiesa locale con l’apertura di una “Porta della misericordia”, all’invio dei “missionari della misericordia” cui verrà data “l’autorità di perdonare anche i peccati che sono riservati alla Sede Apostolica”; dal tema dell’indulgenza a quello del pellegrinaggio… Senza trascurare le date di apertura e chiusura del Giubileo: l’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione, nel 50° della conclusione del Concilio Vaticano II e il 20 novembre 2016, nella solennità liturgica di Gesù Cristo Signore dell’universo. Non si tratta di pura casualità: cinquant’anni fa la chiusura del Concilio segnava una nuova stagione per la Chiesa, che tornava ad aprirsi verso il mondo, mentre la solennità di Cristo Signore dell’universo indica, ogni anno, la chiusura dell’anno liturgico prima dell’inizio del tempo d’Avvento. Quale immagine migliore per descrivere tutto ciò se non quella della “Chiesa in uscita” che, dopo aver vissuto la dolcezza della misericordia, si rimette in cammino per curare e lenire le ferite di ogni persona? “È giunto di nuovo per la Chiesa – afferma Francesco – il tempo di farsi carico dell’annuncio gioioso del perdono”.
C’è poi la dimensione sociale. Anticamente, il giubileo era un anno dichiarato santo, nel quale si doveva restituire l’uguaglianza a tutti, offrendo nuove possibilità alle famiglie che avevano perso le loro proprietà e, perfino, la libertà personale. Non viviamo più queste situazioni. Anche se il nostro tempo è segnato da altre forme di povertà e di schiavitù, che portano a solitudini e fragilità. Siamo tecnologici e potenti, ma abbiamo smarrito le certezze di fondo. Papa Francesco ha compreso questo cambiamento di clima, perché – come ama ripetere – certe realtà si leggono meglio dalla periferia. E si è reso conto che la misericordia è in grado di dare risposta al desiderio di salvezza che c’è nel cuore di ogni persona.
Infine, c’è la dimensione del dialogo interreligioso. “La misericordia – spiega il Santo Padre – possiede una valenza che va oltre i confini della Chiesa. Essa ci relaziona all’Ebraismo e all’Islam, che la considerano uno degli attributi più qualificanti di Dio. (…) Questo Anno Giubilare vissuto nella misericordia possa favorire l’incontro con queste religioni e con le altre nobili tradizioni religiose; ci renda più aperti al dialogo per meglio conoscerci e comprenderci; elimini ogni forma di chiusura e di disprezzo ed espella ogni forma di violenza e di discriminazione”.
Tre dimensioni, dunque, su cui in vario modo lasciarsi coinvolgere. Il cammino è tracciato. Ci sono solo otto mesi per prepararsi e chiedersi con quali occhi e quale volto presentarsi alla Porta Santa. Anche perché occhi e volto non mentono. Soprattutto quando si ha a che fare con la misericordia.
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